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Yemen: storia di un Paese distrutto da 3 anni di guerra

10 Aprile 2018

Da marzo 2015, milioni di persone in Yemen subiscono le devastanti conseguenze della guerra.

I bombardamenti, il collasso dell’economia e dei servizi di base, nonché il blocco commerciale imposto dalla coalizione guidata dall’Arabia Saudita – in un Paese che dipendeva per il 90% dalle importazioni già da prima della guerra – ha portato a oltre 8,4 milioni di persone sull’orlo della fame.

Molti di loro sono stati costretti a fuggire nell’entroterra alla ricerca di maggiore sicurezza.

CATASTROFE UMANANITARIA

3 milioni di persone hanno abbandonato le loro case dall’inizio della guerra, e oggi si stima che una persona su dieci sia ancora sfollata; per la maggior parte si tratta di donne e bambini.

Oltre la metà della popolazione sfollata ha cercato rifugio a Hajjah, Ta’izz, Amanat Al Asimah e Amran. A loro si aggiungono oltre 280.000 rifugiati e richiedenti asilo provenienti da altri Paesi, specialmente dall’Africa orientale, arrivati ​​in Yemen inconsapevoli del contesto estremamente difficile e pericoloso.

Se le condizioni di vita erano estremamente povere prima della guerra, ora sono ulteriormente peggiorate e le esigenze di queste comunità di sfollati in termini di cibo, acqua e beni essenziali sono enormi.

Oggi, su una popolazione totale di 29 milioni di persone, 22 milioni necessitano di assistenza. Sono 3 abitanti su 4.

Ufficialmente, circa 10.000 vite sono state perse a causa della guerra. Tuttavia, molte perdite non sono incluse in questa statistica. Lapo Somigli, direttore di Azione contro la Fame in Yemen, spiega perché: “Ora le bombe non sono più le sole a uccidere. Anche le malattie, la mancanza di accesso al cibo e alle cure e i prezzi esorbitanti che conducono all’indebitamento uccidono. Le vittime indirette di questa guerra sono incalcolabili. Si stima che un bambino muoia ogni 10 minuti da conseguenze dirette o indirette della guerra. Le persone sono esauste, centinaia di migliaia di loro non sanno quando o da dove arriverà il loro prossimo pasto, se i loro figli potranno essere accuditi, o se i loro stipendi saranno pagati. Tutto questo deve finire.”

17,8 milioni di persone nel Paese soffrono di insicurezza alimentare: questo significa che 6 yemeniti su 10 non sanno quando sarà il loro prossimo pasto. Ma l’insicurezza alimentare non è certo l’unico problema del Paese, il cui sistema sanitario è così indebolito che non è riuscito a contenere la diffusione di ricorrenti ondate di colera negli ultimi 15 mesi, l’ultima delle quali ha causato oltre 1 milione di casi sospetti di colera e 2.237 decessi associati tra Aprile e Dicembre 2017.

LA RISPOSTA DI AZIONE CONTRO LA FAME

Azione contro la Fame è presente in Yemen dal 2012 e si avvale di un approccio multisettoriale nella sua risposta a questa situazione di emergenza, in particolare nei confronti delle comunità sfollate. I team di pronto intervento girano da un campo di sfollati a un altro per verificare i bisogni e portare aiuti. 

Organizziamo screening medici per fornire un trattamento terapeutico ai bambini sotto i cinque anni che soffrono di malnutrizione e forniamo assistenza a donne in gravidanza e in allattamento, compresi gli integratori di micronutrienti.

Allo stesso tempo, aiuti finanziari e buoni alimentari sono distribuiti tra le comunità, fornendo loro entrate sufficienti per acquistare i prodotti di base dai mercati locali. Quando i mercati smetteono di avere luogo, i nostri team distribuiscono beni di prima necessità alla popolazione.

Inoltre, Azione contro la Fame rinnova o costruisce ex novo pozzi e servizi igienici nelle comunità, nelle scuole e nei centri sanitari – dove si organizzano anche sessioni di promozione dell’igiene – e distribuisce kit igienici e filtri per l’acqua alle famiglie più vulnerabili.

LA STORIA DI AHMED, LA STORIA DI TUTTI

Durante una delle loro missioni sul campo nel distretto di Al-Garrahi, nel governatorato di Hodeïda, il team di pronto intervento di Azione contro la Fame ha incontrato Ahmed, 30 anni, di fronte al suo rifugio di fortuna. Ahmed è fuggito con la sua famiglia da Al-Mukka, nel governatorato di Taïz, con centinaia di altre famiglie, lasciandosi alle spalle la loro terra e tutti i mezzi di sostentamento.

“I giorni precedenti alla nostra partenza erano pieni di notti molto buie, non riuscivamo a vedere nulla. Tutto quello che potevamo sentire erano forti esplosioni vicino al nostro villaggio. I combattimenti si stavano avvicinando a noi e, ogni sera, io e mia moglie trovavamo sempre più difficile far addormentare i nostri figli. Erano pietrificati dal suono delle esplosioni. A volte accendevamo la radio per distrarci da ciò che stava accadendo intorno a noi o ascoltavamo la musica dal telefono. In altre occasioni raccontavamo ai bambini storie di molto tempo fa.”

Ahmed ha preso la decisione di lasciare la sua casa con sua moglie e sei figli. “Ho visto molti miei amici e vicini lasciare il villaggio per andare in cerca di un posto più sicuro. Io e mia moglie abbiamo deciso di andarcene anche noi, per salvare le nostre vite e quelle dei nostri figli. Il più giovane aveva solo pochi mesi. “

“Quando sono arrivato ad Al-Garrahi, ho affittato questo appezzamento di terreno e costruito questo rifugio per proteggerci. È davvero difficile trovare lavoro. Siamo qui da quasi un mese ormai e non ho ancora trovato nulla. A casa ero un meccanico di moto. Un meccanico fortunato, dal momento che ho ancora tutte le dita. Alla fine ho comprato una moto per portare le persone nei luoghi dove devono andare e consegnare cose. Questa è la nostra principale fonte di reddito. Per aiutare, mia moglie raccoglie e rivende bottiglie di plastica. Nonostante ciò, le fluttuazioni dei prezzi e il costo elevato del carburante influiscono sul nostro reddito. Non c’è niente di cui vergognarsi a tendere la mano e chiedere aiuto.”

NESSUNA FINE IN VISTA

Per tre anni, la coalizione guidata dall’Arabia Saudita, altre forze filo-governative e gli Houthi hanno violato con totale impunità i diritti dei civili di essere protetti dalla guerra, senza essere tenuti a rendere conto delle loro azioni.

Le grandi potenze occidentali come la Francia, gli Stati Uniti o il Regno Unito sono diventati complici sostenendo questa coalizione, fornendo armi e rifiutando di impegnarsi pienamente a risolvere diplomaticamente questo conflitto.

Azione contro la Fame richiede una posizione più forte e più aperta da tutte le parti del conflitto. Dopo 3 anni di guerra, è ora che la sofferenza degli yemeniti finisca.

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