Bangui, 16 maggio 2017 – Sei mesi dopo la conferenza dei donatori a Bruxelles, Azione Contro la Fame e il Consiglio Norvegese per i Rifugiati (NRC) rilanciano l’allarme e chiedono alla comunità internazionale di rimanere mobilitata affinché non ci si dimentichi della crisi in Repubblica Centrafricana.
Il 17 novembre, la comunità internazionale riunitasi a Bruxelles ha promesso di finanziare con 2.2 miliardi di dollari in tre anni il Piano per la ricostruzione e il consolidamento della pace in Africa Centrale (Rebuilding and Consolidation of Peace in Central Africa – RCPCA).
Sei mesi dopo, solo alcuni dei fondi promessi si sono concretizzati e l’implementazione dei meccanismi di coordinamento del RCPCA è ancora in ritardo.
Allo stesso tempo, i finanziamenti umanitari registrati fino a inizio maggio coprono solo il 16% dei bisogni identificati dal Piano di risposta umanitaria (Humanitarian Response Plan – HRP) del 2017.
“Questi numeri purtroppo rivelano il sottofinanziamento cronico delle operazioni umanitarie nella Repubblica Centrafricana” ha detto Arnaud Lavergne, Direttore Paese di Azione Contro la Fame Repubblica Centrafricana.
Eppure, in Repubblica Centrafricana, quasi una persona su due è dipendente dagli aiuti umanitari. Quattro anni dopo la crisi del 2013, il 20% della popolazione rimane sfollata all’interno del Paese o rifugiata nelle nazioni confinanti. Una cifra che appare stabile ma che in realtà nasconde un grande sfollamento della popolazione.
Il 48% della popolazione soffre di insicurezza alimentare e la maggior parte dei servizi sociali di base (sanità, istruzione, acqua, servizi igienico-sanitari) sono forniti da ONG internazionali. L’accesso ad alloggi, terreni e diritti di proprietà rimane una sfida per le famiglie sfollate e un significativo impedimento per i rimpatriati.
Dal settembre 2016 il Paese sta vivendo una recrudescenza delle violenze: scontri armati tra bande avvengono quasi ogni giorno in aree che fino a poco tempo fa erano risparmiate dai confitti (Basse-Kotto e Mbomou in particolare).
Logiche di razzia delle risorse naturali stanno riemergendo, con il 60% del territorio sotto il controllo di gruppi armati (secondo Oxfam) e oltre 100.000 nuovi sfollati nel corso degli ultimi sei mesi. In gran parte del territorio, la perdita di vite umane è una preoccupazione quotidiana e i bisogni umanitari sono in costante aumento tra la popolazione civile.
“Questa nuova ondata di violenza ha un impatto negativo anche sugli attori umanitari, tra cui le ONG che hanno una forte presenza sul campo, e a cui a volte viene impedito l’accesso alle popolazioni vulnerabili,” ha detto Maureen Magee, Direttore Paese del Consiglio per i Rifugiati Norvegese (NRC) per la Repubblica Centrafricana.
Minacce alla sicurezza degli operatori umanitari, rapine e saccheggi hanno portato alcune organizzazioni a sospendere temporaneamente la loro attività. Nel 2016, secondo l’Ufficio per il coordinamento degli affari umanitari (OCHA), sono stati 574 gli incidenti di sicurezza con un impatto negativo per le attività umanitarie; 137 sono quelli che hanno coinvolto direttamente gli operatori umanitari, e almeno 5 di loro sono morti durante la loro missione in Repubblica Centrafricana, che così detiene il triste primato di Paese con il maggior numero di incidenti di sicurezza che coinvolgono attori umanitari.
Per NRC e Azione Contro la Fame, questi elementi sono una prova dell’emergenza umanitaria nella Repubblica Centrafricana. “Se non vogliamo vedere ripetersi le crisi del passato, la comunità internazionale deve rafforzare la sua mobilitazione al fine di consentire agli attori umanitari di rispondere alle esigenze umanitarie, di recupero e di sviluppo della popolazione dell’Africa centrale,” hanno insistito i Direttori Paese.
È di vitale importanza che la comunità internazionale soddisfi le promesse fatte al popolo della Repubblica Centrafricana e che le promesse fatte a Bruxelles si concretizzino il prima possibile.
Azione Contro la Fame lavora in Repubblica Centrafricana dal 2006, dove realizziamo programmi nutrizionali, di salute primaria e di salute mentale, nonché attività per migliorare l’accesso all’acqua e servizi igienici e per rafforzare la sicurezza alimentare.