car_da_silvacar_da_silva

“Non abbiamo niente di niente. Abbiamo solo paura”

26 Ottobre 2017

André è il leader del gruppo nella comunità di Kokoro, che si trova nel 3 ° distretto di Bangui, vicino all’aeroporto di Bangui Mpoko. “Sono a capo del distretto da 12 anni, conosco questa comunità a memoria, e so quanto ha sofferto e cosa sta attraversando di nuovo,” dice.

“La maggioranza della comunità – 47.000 persone – ha dovuto trasferirsi nel 2013 a causa della violenza dei gruppi armati. Noi ci siamo rifugiati nel campo profughi di Mpoko, vicino all’aeroporto. Le nostre case sono state saccheggiate, abbiamo perso le nostre attività e tutte le nostre proprietà,” continua amareggiato.

Tutta la comunità è stata costretta a tornare nel dicembre 2016, quando il campo fu chiuso su iniziativa del governo della Repubblica Centrafricana, nonostante la paura di molti sfollati per la loro sicurezza.

“Oggi i principali problemi della comunità sono l’accesso ad acqua potabile, la malnutrizione e la necessità di assistenza psicologica,” dice André. “Prima del 2013 in qualche modo ce l’abbiamo fatta, ma da allora non abbiamo più niente, ci manca tutto, e tremiamo di paura.”

Dopo alcuni mesi di relativa calma durante il periodo elettorale all’inizio del 2016, la Repubblica Centrafricana sta di nuovo sperimentando un notevole peggioramento delle sue condizioni di sicurezza. La situazione umanitaria nel Paese è tornata al livello della crisi del 2013.

Bambini, prime vittime di trauma psicologico

All’interno della comunità di Kokoro, segnata da conflitti e violenze, il monitoraggio e la gestione del trauma psicologico è stato implementato da Azione contro la Fame nel 2016.

Con i bambini, spesso esposti alla peggiore violenza, sono organizzate cinque sessioni, durante le quali vengono proposti diversi esercizi: momenti di discussione, disegni, rilassamento, esercizi di esprirazione e inspirazione, canto… E i bambini sono invitati a definire ciò che li spaventa.  

“Riportano spesso gli stessi esempi: descrivono le armi, le milizie, le case in fiamme con i bambini dentro… Disegnano ciò che hanno vissuto,” spiega Hervé, esperto di assistenza psicologica di Azione contro la Fame.

Tra questi bambini, Emard, che a 14 anni è tra i più grandi, ha preso la parola per spiegare il suo disegno e le sue paure: “Ho disegnato quello che mi terrorizza: le armi, le granate, l’esercito, le Nazioni Unite, la bandiera francese, i militari e gli elicotteri,” dice – rispecchiando la confusione di buona parte della popolazione, in particolare delle generazioni più giovani.

Con gli adulti teniamo sessioni psico-educative per affrontare i sintomi dello stress post-traumatico a seguito delle violenze a cui hanno assistito o che hanno sperimentato.

Jacques, 62 anni, è stato profondamente colpito dal conflitto del 2013 e temeva un ritorno a questo livello di violenza. “La milizie Seleka sono entrate nel mio quartiere e hanno sparato a tutto  quello che si muoveva. Siamo fuggiti di notte in modo che non ci vedessero e non sparassero anche a noi”. Al campo di Mpoko, Jacques e la sua famiglia dormivano senza un telone, esposti a freddo, umidità e pioggia. “Mi ricordo che i bambini nati in quella settimana sono morti di freddo,” aggiunge.

E quando il campo è stato evacuato, Jacques e gli altri residenti sono tornati a Kokoro, nel 2016. “Non ho davvero trovato un lavoro. Tengo piccoli orticelli per poter mangiare. Ci abbiamo messo anni per creare tutto ciò che avevamo qui a Kokoro. E in un solo anno abbiamo perso tutto.”

Il supporto psicologico aiuta la comunità, ma l’estrema precarietà della situazione continua a colpire tutti gli abitanti nella loro vita quotidiana.

Rafforzare il legame madre-figlio

All’interno della comunità di Kokoro, come per tutta la popolazione della Repubblica Centrafricana, l’impatto del conflitto ha anche implicazioni sulla malnutrizione. Spesso senza lavoro, senza una rendita e afflitti da disturbi psicologici, i genitori trovano difficile sfamare i propri figli e prendersene cura.

Josiane ha 32 anni e ha partorito 7 bambini. Ha perso uno di loro, che è morto di malnutrizione acuta grave qualche anno fa. Il suo figlio più giovane, Firmine, ha 1 anno e 9 mesi. Firmine l’accompagna durante le sessioni di focus group sulle pratiche di allattamento al seno e di alimentazione infantile che Azione contro la Fame conduce nella comunità di Kokoro dal 2016.

Oggi una recrudescenza delle violenze colpisce il Paese e 2.2 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria di base. Quasi il 50% della popolazione soffre di malnutrizione cronica, e il tasso di mortalità materna è il terzo più alto al mondo.

I bisogni umanitari sono enormi, ma l’ascesa dei gruppi armati – che controllano ad oggi 12 delle 16 province del Centro e del Sud – limita notevolmente la distribuzione degli aiuti da parte degli attori umanitari.

 

RIMANI INFORMATO​

Ricevi le storie, gli approfondimenti e le notizie sui progetti dal campo e le iniziative contro la fame.

"*" indica i campi obbligatori

Nome completo*
Hidden
Informazioni da fornire, ex art. 13, GDPR
Questo campo serve per la convalida e dovrebbe essere lasciato inalterato.
Il 92% delle donazioni
vanno ai programmi
sul campo