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Giornata Mondiale dell’Acqua, il report di Azione Contro la Fame

23 Marzo 2020
  • Occorre promuovere una nuova “nuova cultura” capace di garantire una igiene adeguata: una indagine ha dimostrato che, nei bambini con meno di 5 anni di età sottoposti a una educazione al corretto lavaggio delle mani, l’incidenza della polmonite sia inferiore del 50
  • È, intanto, emergenza in Medioriente. In Siria i bisogni umanitari legati all’acqua colpiscono 15,5 milioni di persone e, in Yemen, in 4 milioni dipendono dall’approvvigionamento idrico fornito dalle autocisterne. 
  • L’appello: “Agire in fretta con programmi in tema di acqua e igiene per preservare 821 milioni di persone che sofforno la fame nell’ipotesi di una ulteriore diffusione del coronavirus”

“Senza accesso all’acqua pulita e potabile, non c’è igiene. E laddove non c’è igiene, si registra, inevitabilmente, un tasso più elevato di malattie. Questa crisi sanitaria, connessa all’emergenza coronavirus, deve indurci a riflettere sulla circostanza che il bisogno di acqua sicura sia, oggi, più che mai essenziale per preservare la salute di tutti noi e che, nei Paesi più poveri, vada considerato al pari della necessità di dissetare e sfamare”.

Lo ha dichiarato Simone Garroni, direttore generale di Azione Contro la Fame, organizzazione che in questi giorni sta coordinando una serie di interventi in risposta all’emergenza Covid-19 negli oltre 45 Paesi in cui è impegnata.

Accesso all’acqua sicura e igiene

In occasione della “Giornata mondiale dell’acqua”, con una pandemia che ha già colpito più di 160 Paesi, Azione Contro la Fame ritiene più che mai essenziale riconoscere che l’utilizzo di un’acqua pulita, oltre a una “nuova cultura” capace di garantire una igiene adeguata, sia oggi l’unica strada per combattere tutte le epidemie. 

L’accesso all’acqua sicura è, del resto, un problema che riguarda ancora tante aree del mondo. La malnutrizione, per 1 bambino su 2, è collegata ancora oggi alle “malattie dell’acqua”. Inoltre, il 27% delle malattie nei bambini di età inferiore a 5 anni (polmonite, malaria, diarrea) continua ad essere causato dallo scarso accesso a fonti idriche sicure e all’igiene. 

Secondo alcuni dati forniti nel 2019, oltre 1,8 miliardi di persone nel mondo bevono acqua da fonti contaminate e sono, dunque, esposte al rischio di contrarre il colera. Va, infatti, ricordato che oltre l’80% delle acque reflue generate a livello globale ritorna nell’ecosistema senza che vengano trattate e, nella maggior parte dei casi, le popolazioni non dispongono delle infrastrutture necessarie per il trattamento delle acque reflue.

Sono 3 miliardi, inoltre, le persone che non dispongono di servizi per il lavaggio delle mani con acqua e sapone a casa, per proteggersi dal coronavirus e da altre pandemie. Diventa, così, importante promuovere, con più decisione, iniziative legate alla condivisione delle regole basiliari in tema di igiene e lavaggio delle mani. Una indagine condotta dall’organizzazione in Pakistan, d’altra parte, lo ha dimostrato: nei bambini con meno di 5 anni di età sottoposti a una educazione al corretto lavaggio delle mani, l’incidenza della polmonite è inferiore del 50%. 

Emergenza acqua in Medioriente

L’emergenza acqua, intanto, sta mettendo in ginocchio il Medioriente. In Siria, a causa dell’escalation del conflitto, i bisogni umanitari legati all’acqua colpiscono 15,5 milioni di persone. La distruzione delle infrastrutture nelle aree in cui si registrano le ostilità ha causato una riduzione delle riserve di acqua. L’aumento degli spostamenti interni, del resto, ha aumentato la pressione sulle fonti d’acqua esistenti. L’inflazione, oltre che i tassi di cambio, inoltre, ha causato un evidente rincaro sul prezzo dell’acqua: per ottenere acqua sicura dalle autocisterne, alcune comunità spendono in media circa fino al 25% del reddito familiare.

Anche in Yemen la guerra ha causato la distruzione delle infrastrutture idriche e interrotto l’approvvigionamento idrico destinato a milioni di persone. Le popolazioni, pertanto, vivono un rischio concreto legato alla diffusione di malattie determinate dall’utilizzo di acqua non sicura: 19,7 milioni di persone non hanno accesso a un’adeguata assistenza sanitaria e in 4 milioni dipendono dall’approvvigionamento idrico fornito dalle autocisterne. In questa situazione, non sorprende che il Paese abbia dovuto fronteggiare, dal 2016, la peggiore epidemia di colera che il mondo abbia conosciuto, con 1,7 milioni di persone colpite e quasi 3.500 morti.

Emergenza coronavirus e WASH

L’emergenza coronavirus, che sta gravemente colpendo tutto il mondo occidentale, è un altro chiaro esempio dei problemi e delle sfide affrontate, ogni giorno, dalle famiglie che, in tutto il mondo, dispongono di minori risorse, in modo particolare quelle idriche. Secondo il responsabile Salute e Nutrizione di Azione Contro la Fame, Antonio Vargas, “misurare” l’estensione del covid19 in queste regioni sarà difficile ma “è facile supporre che il tasso di mortalità sarà più alto che in Europa o in Cina”. 

Per questa ragione, le attività in tema “WASH” continuano a rappresentare una parte fondamentale del lavoro dell’organizzazione: quasi la metà di tutti i progetti (43,6%) include progetti di questo tipo. Lo scorso anno, Azione contro al Fame ha supportato quasi 9 milioni di persone con programmi di acqua e igiene, il 42% in più rispetto all’anno precedente. Questa crescita è stata trainata principalmente dalle attività promosse in Paesi come il Pakistan (+ 97,6%), il Kenya (+ 97,5%), i Territori Palestinesi (+ 80,8%) e l’Indonesia (+ 73,4%).

Accesso all’acqua e campi profughi

È necessario, d’altra parte, promuovere con più forza interventi idrici e igienico-sanitari soprattutto, ricorda Simone Garroni, “laddove si sono verificati catastrofi naturali o sono in corso conflitti, a causa delle concentrazioni di popolazione che rischiano di propagare l’impatto dei virus”. Pertanto, l’installazione di punti di accesso all’acqua, la realizzione di servizi igienici e la distribuzione di kit igienici devono rappresentare, in queste aree, i primi interventi umanitari di emergenza.

Per rispondere all’emergenza “coronavirus”, ad Azione Contro la Fame è stato richiesto, nei giorni scorsi, di fornire, nel campo di Azraq, in Giordania, i kit per la pulizia dei servizi igienici. I gruppi di coordinamento impegnati nei settori dell’acqua e dell’igiene hanno invitato tutte le altre ONG a intraprendere azioni preventive, in sinergia con le autorità giordane, per affrontare i rischi della trasmissione del virus nelle comunità più vulnerabili e nei campi profughi, spesso sopraffollati. È proprio il caso di quello di Azraq, che ospita 35.000 rifugiati, e oltre il Medioriente, del campo di Cox’s Bazar, in Bangladesh. Il campo profughi più grande al mondo ospita, infatti, oltre un milione di persone appartenenti alla comunità Rohingya.

“L’accesso all’acqua pulita e potabile, insieme alla condicisione delle regole igieniche più importanti, diventa un aspetto fondamentale – conclude Garroni –. Occorre, infatti, salvaguardare ben 821 milioni di persone nel mondo che, ancora, soffrono la fame e che, a causa di un sistema immunitario fortemente indebolito, rischiano di non sostenere gli effetti di un eventuale contagio da coronavirus. Penso anche ai 200 milioni di bambini che hanno scarse difese immunitarie, anche per la concomitanza con altre malattie quali malaria, polmonite e infezioni intestinali”. 

 

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