“Le dichiarazioni odierne del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, confermano la nostra preoccupazione sulle sorti del continente africano alla luce della rapida diffusione del Covid-19. Milioni di persone, già provate da conflitti e calamità naturali, saranno, inevitabilmente, trascinate in una ulteriore condizione di estrema povertà. Come già aveva documentato il rapporto ‘Covid-19 in Africa’, recentemente redatto dalla Commissione economica per l’Africa dell’ONU, qui il coronavirus rappresenta una emergenza nell’emergenza”. Lo ha dichiarato Simone Garroni, direttore generale di Azione Contro la Fame, organizzazione umanitaria internazionale leader nella lotta alla fame e alla malnutrizione.
Va, infatti, ricordato che, nei Paesi a basso e medio reddito, il 38% della popolazione, infatti, non ha accesso all’acqua pulita, mentre il 35% non dispone di sapone e di acqua per lavarsi le mani. Nel settore sanitario, i mezzi sono, inoltre, insufficienti per prevenire la diffusione del virus: nell’Africa occidentale e centrale, per esempio, i Paesi hanno una media di 0,3 letti d’ospedale per 1.000 abitanti.
Ma l’emergenza, come ha confermato Guterres, non è solo determinata dalla fragilità dei sistemi sanitari. Riguarda anche la compresenza di una grave pandemia con le crisi alimentari preesistenti. Criticità che saranno, inevitabilmente, aggravate dal numero di adulti e genitori contagiati, che non potranno prendersi cura dei propri figli, o dalle restrizioni promosse dai governi per limitare la diffusione del virus, che avranno un impatto negativo su economie già deboli e sull’accesso ai beni di prima necessità.
“Da anni denunciano l’incremento del numero di donne, uomini e bambini colpite dalla fame. Una piaga che oggi riguarda, complessivamente, 821 milioni di persone – precisa Garroni –. Rischiamo di assistere, a causa dell’avanzata del Covid-19, a una ulteriore recrudescenza delle già gravi crisi alimentari determinate dall’impatto di conflitti e calamità naturali”.
Solo nel 2019, d’altra parte, 77 milioni di persone hanno vissuto una condizione di insicurezza alimentare a causa dei conflitti. È il caso delle popolazioni che vivono nel Sahel, dove si trovano 4 dei 5 Paesi più colpiti dalla malnutrizione. Qui, prima dell’avvento del coronavirus, 19 milioni di persone erano già a rischio-sicurezza alimentare dopo anni di siccità e conflitti.
“La chiusura delle frontiere non avrà solo un duro impatto sulle economie che dipendono, fortemente, dalle importazioni. Limiterà anche i movimenti dei civili che fuggono dalla violenza in aree come il nord del Mali o il bacino del Lago Ciad – ha aggiunto Garroni -. Inoltre, tali restrizioni sospenderanno gli spostamenti legati alla pastorizia, uno dei principali settori che garantiscono la sussistenza in queste regioni, incrementando il numero dei pascoli impoveriti e la fame”.
Ma non solo. Sono anche altri gli effetti indiretti che preoccupano Azione Contro la Fame: l’impossibilità di isolare i contagi nei campi profughi o nelle aree sovraffollate delle periferie ma anche le conseguenze di uno stop all’economia informale, che garantisce il sostentamento di migliaia di famiglie ogni giorno. Non va, infine, dimenticato lo shock economico legato alla chiusura dei mercati per agricoltori e pastori, che dipendono dalla vendita dei loro prodotti e che non hanno accesso ai nostri tradizionali ammortizzatori sociali.
“La protezione del personale sanitario e il rafforzamento della capacità dei sistemi sanitari nella diagnosi delle malattie sono cruciali – conclude Garroni – ma, alla luce degli effetti indiretti del coronavirus, occorre una risposta che tenga anche conto delle conseguenze socioeconomiche legate alle restrizioni messe in atto per contenere la diffusione del Covid, con particolare attenzione ai rifugiati e alle donne”.