Il 23 settembre, in un solo giorno, in Libano sono state uccise oltre 550 persone, quasi quante ne sono state uccise in tutto l’anno scorso. Questo livello di escalation e di morti tra i civili in un periodo di tempo così breve è inaudito.
Circa 120.000 persone sono già sfollate all’interno del Paese e molte altre migliaia si sono aggiunte a questo numero solo nella notte di lunedì, la giornata più drammatica in Libano dalla fine della guerra civile del 1990. Nell’ultimo anno, il numero di sfollati interni in Libano è cresciuto del 1.800% e aumenta di minuto in minuto. Tutte queste persone devono affrontare la sfida di trovare un riparo adeguato, cibo e acqua sufficienti e un letto su cui riposare.
“ Alcuni dei nostri colleghi hanno visto le loro case colpite dai bombardamenti nelle vicinanze e abbiamo dovuto immediatamente espandere la nostra risposta di emergenza dal sud a Beirut e alla valle della Bekaa. Stiamo assistendo all'arrivo di un numero enorme di sfollati nei rifugi collettivi e da subito le nostre squadre hanno distribuito, dalle 22 alle 2 del mattino, beni di prima necessità nei rifugi della periferia di Beirut e nella valle della Bekaa, come coperte, materassi, acqua e articoli igienico-sanitari”
I bisogni sono grandi, è importante rispondere subito per assistere le migliaia di famiglie sfollate che stanno fuggendo. Sostieni il nostro intervento:
LA CRISI DI ACCOGLIENZA
Anche prima di questa escalation, il Libano stava rispondendo a una delle più grandi crisi di accoglienza del mondo, con il più alto numero di rifugiati pro capite al mondo, ospitando 1,5 milioni di rifugiati siriani.
“La questione più critica è l'intensità degli attacchi, che non si vedeva almeno dal 2006. È normale che ci sia panico tra la popolazione. Sebbene le cifre ufficiali non siano ancora confermate, un gran numero di famiglie libanesi è stato sfollato e sappiamo che i rifugiati siriani, che sono un gruppo molto vulnerabile nel Paese, hanno avuto difficoltà a spostarsi e a trovare un rifugio alternativo. Per questo motivo la risposta di Azione Contro la Fame sarà rivolta a tutta la popolazione bisognosa, indipendentemente dalla loro nazionalità”
LA NOSTRA RISPOSTA UMANITARIA
A metà settembre, prima dell’ultima escalation delle ostilità, le squadre di Azione Contro la Fame erano riuscite a distribuire quasi 600.000 litri di acqua potabile, più di 95.000 pasti caldi e circa 8.500 coperte, tra gli altri beni di prima necessità, oltre a trasferimenti in denaro a più di 7.500 persone colpite dallo sfollamento e dalla violenza.
Il governo libanese ha attivato il piano di emergenza e Azione Contro la Fame è in continuo coordinamento con le autorità, le Nazioni Unite e le altre organizzazioni umanitarie per fornire una risposta efficiente alle persone più bisognose, anche nelle scuole e negli altri edifici disponibili trasformati in rifugi collettivi in tutto il Paese.
COME L'ESCALATION STA COLPENDO LA POPOLAZIONE IN LIBANO
La distruzione di infrastrutture civili essenziali come strade, telecomunicazioni, strutture sanitarie, scuole, impianti elettrici e idrici, ha implicazioni molto gravi per la vita delle persone e può costituire una violazione del Diritto Internazionale Umanitario. Ad esempio, molti impianti idrici nel sud, compresi i sistemi di energia rinnovabile per il pompaggio dell’acqua, sono stati distrutti, impedendo l’accesso all’acqua potabile a più di 118.000 persone ad agosto, una cifra che si prevede aumenterà con gli eventi degli ultimi giorni.
La distruzione di oltre 1.800 ettari di terreno agricolo, di 340.000 animali da allevamento e di 47.000 ulivi ha compromesso in modo significativo la produzione alimentare, soprattutto nelle regioni del Sud e di Nabatiyeh, hanno riferito il Ministero dell’Agricoltura e il Consiglio Nazionale per la Ricerca Scientifica (CNRS).
Il Libano stava già affrontando una grave insicurezza alimentare causata dalla crisi economica: si stima che 1,14 milioni di persone dovranno affrontare livelli di insicurezza alimentare da alti a critici entro la fine del 2024, con molti agricoltori che non potranno accedere alle loro terre e coltivarle per motivi di sicurezza.
“Speravamo che non si arrivasse a questa intensità di violenza e ovviamente ora c'è molta preoccupazione. In questi giorni le strade di Beirut sono praticamente deserte, mentre le autostrade che arrivano a Beirut sono affollate di persone in fuga dagli attacchi. Si vede che tutti sono tesi, in attesa di ciò che potrebbe accadere in seguito, impotenti al pensiero di doversi spostare e lasciare tutto alle spalle. La priorità deve essere quella di eliminare la violenza tra tutte le parti, altrimenti ci troveremo di fronte all'ennesimo disastro umanitario, oltre a quella di garantire la protezione degli operatori umanitari che assistono la popolazione”