Nella Giornata Mondiale del Lavoro Umanitario vi raccontiamo la storia di Carol, vicedirettrice del centro logistico di Azione Contro la Fame a Nairobi, in Kenya.
Quando Carolyn Saidi non sta cantando, danzando o trascorrendo del tempo con la sua famiglia, è responsabile di un’area fondamentale del lavoro di Azione Contro la Fame, che spesso però viene trascurata: procurare forniture di soccorso salvavita come medicine, kit di igiene e prodotti nutrizionali e assicurarsi che siano inviati in modo sicuro e rapido alle comunità e ai programmi dove le necessità sono più urgenti.
Il fallimento non è un’opzione nella linea di lavoro di Carol. Ogni minuto conta quando le squadre di Azione Contro la Fame dipendono da una catena affidabile di forniture per trattare i bambini malnutriti, o riparare e costruire pozzi per dare alle comunità acqua sicura, o aiutare gli agricoltori a migliorare il loro accesso al cibo. Migliaia di persone dipendono dalla capacità di organizzazione e consegna di Carol. Lei e la sua squadra equipaggiano Azione Contro la Fame con gli strumenti e le forniture necessari per combattere la fame – e sanno anche che l’inferno gelerà prima che Carol possa deluderli.
Nei suoi 15 anni con Azione Contro la Fame, Carol ha visto molti cambiamenti nel settore della logistica umanitaria, prima dominato dagli uomini. Oggi, sempre più donne lasciano il loro segno, lavorando in posizioni di leadership. Nella sua carriera è stata responsabile di molti ruoli chiave, meno visibili ma vitali per la gestione di complesse operazioni umanitarie, incluse le prenotazioni di voli per il personale del programma per viaggiare all’interno dei Paesi e in Paesi stranieri, gestire comunicazioni radio efficienti e affidabili con personale a distanza, sovrintendere alla conservazione, all’inventario e alla gestione globale dei magazzini in Sud Sudan e in Kenya e gestire e sostenere procedure di acquisto ottimali.
“Aiutare l’umanità fa parte di me. So che faccio parte di una squadra che può raggiungere questo obiettivo,” dice Carol. “Mi piace lavorare per Azione Contro la Fame anche per i suoi valori”.
Carol è Vicedirettrice del Centro Logistico Regionale di Azione Contro la Fame a Nairobi, Kenya, assicurandosi che le forniture per tutte le nostre missioni arrivino dove sono necessarie, in modo sicuro e puntuale.
Cosa ti piace di più del tuo lavoro?
Mi piace lavorare come un’unità compatta per portare le forniture e servizi necessarie alle comunità che serviamo. Mi piace anche insegnare alla mia squadra le procedure di Azioni contro la Fame in materia di catena di approvvigionamento e logistica. Addestrare i membri del team mi riempie di soddisfazione.
Quali aspetti ti piacciono meno?
“A causa del contesto imprevedibile e della natura del lavoro umanitario, non c’è modo di sapere in anticipo quali saranno le necessità di una particolare missione o di un programma. Quindi è difficile pianificare in anticipo quanto vorrei. La mia priorità è garantire interventi tempestivi.”
Un momento lavorativo di cui sei particolarmente orgogliosa?
Nel 2005, Azione Contro la Fame è stata quasi chiusa dalla Commissione per le comunicazioni del Kenya (CCK) per aver presumibilmente usato il sistema radio senza licenze adeguate. In realtà avevamo fatto correttamente richiesta per tutte le licenze e abbiamo aspettato una risposta dalle autorità. Un giorno, i rappresentanti della CCK sono venuti in ufficio con agenti di polizia per chiudere le nostre comunicazioni radio e ha chiesto che le antenne venissero abbattute.
Carol si alzò e comunicò con calma agli ufficiali che Azione Contro la Fame aveva cercato di raggiungere il CCK per le licenze. Ha detto loro che non potevano tirare via le antenne perché il sistema radio era il suo unico modo per comunicare con gli operatori umanitari che lavorano in basi remote.
Carol ricorda di aver detto alla CCK: “Se volete togliere l’antenna, posso chiedere al tecnico di venire a tirarla giù. Ma se perdiamo un bambino [come risultato di non essere in grado di mantenere i nostri contatti con i programmi], sarete voi i responsabili, perché ci avete costretti a tagliare la comunicazione con le nostre basi.”
Il gruppo di uomini se ne andò e chiese a Carol di parlare al consiglio di amministrazione di CCK il giorno successivo. Carol entrò nella sala del consiglio e, sinceramente, nonostante l’ambiente intimidatorio, ha denunciato al responsabile la lunga attesa di Azione Contro la Fame per ottenere la licenza:
“Ho rappresentato da sola l’organizzazione davanti al consiglio d’amministrazione del CCK e ho spiegato per quanto tempo e per quale motivo non avessimo le licenze. Questo avvenimento per me rappresenta una pietra miliare, perché ho salvato l’immagine dell’organizzazione e ho negoziato le sanzioni che ci avevano comminato. Siamo passati dalla minaccia di multa da cinque milioni di scellini keniani a nessuna multa”.
Hai vissuto una situazione particolarmente impegnativa che ti ha provato?
Durante il suo tempo con Azione Contro la Fame, Carol ha dovuto provare la sua capacità di restare tranquilla in circostanze altamente stressanti e pericolose. In un’occasione, è stata letteralmente catturata nel fuoco incrociato di un conflitto civile a lungo termine nel Paese che è oggi Sud Sudan. (Il Sud Sudan non ha ottenuto la sua indipendenza dalla Repubblica del Sudan fino al 2011.)
Carol ricorda: “Nel 2009, ero il Capo Base di Malakal, in quello che oggi è Sud Sudan. Un conflitto tra gruppi armati è scoppiato nella zona. La nostra base era nel mezzo del fuoco incrociato. Ho coordinato un’evacuazione. Non abbiamo perso nulla durante lo scontro, nonostante i saccheggi che colpivano le ONG “. Nonostante fosse in pericolo, Carol ha organizzato l’evacuazione dello staff di Azione Contro la Fame dalla zona e gestito l’evacuazione temporanea del campo e della base senza perdite né danni alle proprietà di Azione Contro la Fame. Questo è un esempio forte di resilienza, per non parlare di calma sotto pressione. Ancora una volta, la prova che Azione Contro la Fame può contare su Carol per fornire non solo strumenti salvavita, ma anche per gestire procedure che aiutano a proteggere i nostri collaboratori in luoghi pericolosi.
Quali qualità e capacità sono necessarie per avere successo nel campo della logistica umanitaria?
“Capacità di comunicazione: i logisti devono sempre comunicare chiaramente, in modo che gli altri capiscano cosa intendono e, altrettanto importanti, devono essere in grado di ascoltare veramente gli altri.
Capacità di lavorare in gruppo: i logisti devono essere in grado di motivare i membri della loro squadra e farli lavorare insieme in modo efficace per ottenere il risultato desiderato.
Capacità interpersonali, che includono l’entusiasmo, l’energia, la capacità di reazione, l’abilità analitica, la calma, la tenacia, l’adattabilità, l’intelligenza emotiva e la resilienza.
Capacità di soluzione dei problemi: i logisti dovrebbero essere in grado di analizzare i fatti e arrivare a soluzioni logiche e funzionali.
Competenze decisionali: i professionisti della logistica devono prendere decisioni fondamentali con valutazioni rapide ed efficaci di dati rilevanti, empatia e giudizio.”
Quali cambiamenti significativi hai visto nel settore?
“Ci sono stati molti cambiamenti nel settore negli ultimi quindici anni. I più grandi includono l’uso della tecnologia nelle operazioni quotidiane, i sistemi di approvvigionamento on-line messi in atto da diverse agenzie, pratiche di lavoro “paper-free” e sistemi internazionali di coordinamento umanitario [come l’approccio cluster delle Nazioni Unite] e una migliore collaborazione tra agenzie umanitarie che hanno permesso la condivisione delle informazioni”.
Quali sfide e innovazioni vedi all’orizzonte per la logistica umanitaria?
“Le sfide della logistica umanitaria includono la carenza di risorse e infrastrutture per affrontare ogni necessità umanitaria emergente in tutto il mondo, nonché il fatto che un elevato grado di incertezza e urgenza sono un fattore costante in tutti i nostri sforzi di risposta. Un’altra sfida è la presenza di molteplici agenzie [che forniscono assistenza] che spesso agiscono con obiettivi diversi, ma si aspettano gli stessi risultati.
Le innovazioni che aiutano la logistica umanitaria includono la standardizzazione dei processi per facilitare la cooperazione regionale. Sarebbe anche necessario investire nella creazione di scale decentrate di gruppi di lavoro più piccoli con caratteristiche simili per aggiungere sinergia al lavoro che facciamo. Le partnership con altre agenzie e le corporazioni internazionali possono essere incoraggiate per portare flessibilità, robustezza e agilità nella catena di approvvigionamento”.
La logistica è stata tradizionalmente un settore di dominio maschile. Che cosa vuol dire essere una donna che lavora in questo settore?
“Credo che il settore rimanga ancora molto maschile a causa di stereotipi legati al lavoro piuttosto che ai fatti sul lavoro. A mio parere, le donne hanno competenze critiche che sono necessarie nella logistica, come la capacità di capire le persone, prendere decisioni, fare multitasking e intraprendere iniziative. Ci sono continui miglioramenti importanti nel settore della logistica e negli ultimi anni abbiamo avuto un aumento significativo delle donne nel settore, che è un buon segno”.
Cosa vuoi che la gente capisca della logistica umanitaria?
“Che è una vocazione. Per fare questo lavoro, è necessario essere pronti a mobilitarsi in ogni momento, soprattutto in caso di emergenza, in quanto la maggior parte delle valutazioni necessarie richiede l’esperienza di un logista e il suo “occhio” per valutare le esigenze critiche delle infrastrutture, di sicurezza e dei mercati locali”.