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Il Sud Sudan sull’orlo di una crisi alimentare

1 Luglio 2016

Le mancanze nelle scorte di cibo e il prezzo alto dei beni sono solo due delle conseguenze più visibili della crisi alimentare in Sud Sudan, dove un alto numero di persone già a rischio malnutrizione combatte ogni giorno per soddisfare i propri bisogni alimentari.

Un deterioramento drammatico della situazione è evidente da un nuovo report di questa settimana: secondo questi dati, più di 4 milioni di persone nel Sud Sudan hanno bisogno urgente di aiuti alimentari, un incremento significativo dall’inizio dell’anno. Azione contro la Fame teme che la situazione sia destinata a peggiorare nei mesi fino al prossimo raccolto se non si interviene immediatamente con aiuti umanitari internazionali.

“La crisi alimentare in Northern Bahr el Ghazal sta peggiorando costantemente – avverte Andrea Tamburini, direttore di Azione contro la Fame USA – Nei primi quattro mesi del 2016, il numero di bambini che soffrono di malnutrizione acuta grave che abbiamo trattato è aumentato, un dato molto allarmante”. Una combinazione di scarsità di pioggia e di raccolto tra il 2015 e l’inizio di quest’anno, unite a frequenti razzie, hanno dimezzato le scorte di cibo della zona. Inoltre la chiusura del confine con il Sudan ha interrotto l’importazione di generi alimentari. “Al momento siamo molto preoccupati dell’impatto che potrà avere la stagione delle piogge nella crisi alimentare – dice Tamburini – Le scorte di cibo devono essere rifornite prima che le strade diventino inagibili, perché allora sarà difficile raggiungere le comunità più remote”.

Questo contesto drammatico mette in serio pericolo anche le vite degli operatori umanitari: solo a maggio ne sono stati uccisi 3 in Sud Sudan, e sono stati riportati 78 incidenti. Alla vigilia del quinto anniversario della sua indipendenza, il 9 luglio, il Paese è sempre più nel caos: “Il resto del mondo sta guardando affondare il Sud Sudan” continua Tamburini.

A giugno, il Piano di Risposta Umanitaria per il Sud Sudan è stato finanziato solo per il 31,1%. “La situazione umanitaria ha raggiunto un punto di non ritorno: chiediamo alla comunità internazionale di mobilitare al più presto i fondi per mettere fine a questa crisi” conclude Tamburini.

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