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“Anche un solo bambino può fare la differenza”

25 Aprile 2016

Il 25 aprile 2015 un terribile sisma di magnitudo 7.8 ha sconvolto il Nepal provocando più di 8.000 vittime. Azione contro la Fame, che lavora nel Paese dal 2011, ha da subito messo in campo progetti per far fronte all’emergenza. A un anno di distanza abbiamo sostenuto 180.000 persone, assicurando aiuto essenziale a 35.000 durante l’inverno, lavorando a stretto contatto con il Ministero della Salute nepalese e tre ONG locali, assistendo la popolazione nei rifugi temporanei con interventi per assicurare acqua e servizi igienici, sicurezza alimentare e supporto psico-sociale.

“È stata un’esperienza lavorativa molto intensa” ci racconta Stefania Morra, originaria di Torino, che parla con grande entusiasmo dei cinque mesi trascorsi in Nepal come Coordinatrice sul campo per Azione contro la Fame. Nonostante numerose difficoltà a cui il team di Azione contro la Fame ha dovuto far fronte, il loro intervento ha portato aiuto a tantissime persone in difficoltà che avevano perso tutto a causa del terremoto.

Per Stefania non era la prima volta in cui si trovava a lavorare in seguito a un’emergenza. “Con Azione contro la Fame avevo già lavorato nelle Filippine, dopo il tifone Haiyan: ero stata sette mesi in Eastern Samar, una delle regioni più colpite dal tifone. Anche lì mi sono occupata di coordinare le operazioni, che è un lavoro molto vario. Ogni giorno ti trovi a fare cose diverse, dall’organizzazione degli aiuti ai contatti con le autorità locali”. 

Lavorare a fianco delle comunità locali è uno dei punti chiave degli interventi di Azione contro la Fame, e anche in occasione delle emergenze questa caratteristica viene tenuta in considerazione: “Il Nepal è un Paese molto accogliente – ci spiega – Una volta a settimana c’erano degli incontri con le autorità e la comunità locale ed era importante esserci, ci aiutavano a capire quello che stava succedendo, di cosa avevano bisogno: era un po’ una fotografia di ciò che accadeva”.

Tra le attività che Azione contro la Fame ha messo in piedi nell’immediato post terremoto, c’è il supporto psico-sociale, per aiutare a superare il trauma di aver perso tutto e di vivere in condizioni di vita difficili. Stefania ricorda una sua visita al campo di Kalikastan, a nord del distretto di Nuwakot: “Azione contro la Fame aveva installato una tenda per il sostegno psico-sociale e quella mattina ricordo la tenda strapiena di madri con i bambini, a volte anche neonati. Quel momento di aggregazione era fondamentale per stare un po’ meglio, per riuscire a superare insieme il trauma del terremoto e delle difficili condizioni di vita che stavano attraversando. Poi ricordo le visite nelle scuole, dove abbiamo aiutato a rimuovere i detriti e dove i dirigenti scolastici ci hanno accompagnato per farci vedere che i bambini erano tornati a fare lezioni, un primo passo verso la normalità”. 

Non è un lavoro semplice, quello sul campo. Per Stefania ci vogliono tanta “flessibilità, resistenza, apertura verso una nuova cultura e capacità di comprendere rapidamente il contesto in cui si opera”. Trovare queste caratteristiche non sempre è facile, ma essere sul posto quando c’è bisogno di aiuto è essenziale per poter dare una risposta adeguata. 

“C’è un aneddoto che secondo me spiega bene questo aspetto: c’è un centro sanitario molto remoto a Jijibè. Ci si arrivava con i pick up fino a un certo punto, poi la montagna era franata e per raggiungere il centro si facevano a piedi una o due ore di cammino. A questo centro una madre aveva portato, dopo ore e ore di cammino per le montagne, il figlio di poco più di 4 anni che mostrava sintomi evidenti di malnutrizione e aveva l’espressione più triste che si possa immaginare. Tutto il team si è mobilitato per loro, e questo fa capire che, anche se il numero di beneficiari dei progetti è alto, anche solo un singolo caso, un solo bambino può darti la spinta a fare sempre di più e sempre meglio”.

Foto: Stefania Morra

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