Oggi, in Cisgiordania settentrionale si sta verificando un’intensificazione senza precedenti della violenza e degli sfollamenti. Più di nove settimane di operazioni militari continuative nei campi profughi hanno peggiorato significativamente la crisi umanitaria e causato uno sfollamento di massa che ostacola l’ingresso degli aiuti umanitari e l’accesso ai servizi di base per i civili.
LA SITUAZIONE IN CISGIORDANIA OGGI
Le tattiche militari sono simili a quelle impiegate nel conflitto a Gaza: restrizioni alla circolazione, sfollamento forzato, assedi e operazioni militari su larga scala. Da gennaio, il numero di palestinesi sfollati in Cisgiordania è triplicato rispetto ai mesi precedenti. Più di 42.000 persone – tra il 40% e il 100% dei residenti dei campi profughi a seconda della località – sono state costrette a lasciare i campi di Jenin, Tulkarem, Nur Shams ed El Far’a. Inoltre, molte comunità sono rimaste sotto assedio o isolate dai servizi essenziali.
Molte famiglie sfollate non hanno un posto dove andare e sono costrette a cercare un rifugio temporaneo in alloggi collettivi che sono sovraffollati e mancano di infrastrutture igieniche e sanitarie di base.
Per questo, Noi di Azione Contro la Fame dall’inizio delle operazioni militari in Cisgiordania abbiamo distribuito migliaia di pacchi alimentari, kit igienici, litri di acqua potabile, stufe, utensili da cucina, riscaldatori elettrici. Oltre al resto abbiamo anche installato latrine mobili nei centri di sfollamento a Jenin, Tubas e Tulkarem.
“Decine di migliaia di sfollati vivono in condizioni quasi invivibili. La mancanza di accesso all'acqua potabile e alle strutture sanitarie sta peggiorando i rischi per la salute, con molte comunità che faticano a mantenere gli standard di igiene. È necessaria un'azione immediata per garantire l'accesso ad acqua potabile, strutture sanitarie, materiali igienici e rifugi sicuri per le popolazioni sfollate e colpite."
Le pessime condizioni dei campi profughi in Cisgiordania
I campi profughi di Jenin, Tulkarem e Nur Shams sono sempre più difficili da raggiungere: sono stati spianati oltre 15 chilometri di strade e barricati gli ingressi dei campi con cumuli di terra e altre barriere fisiche. Per di più, quasi 400 case sono state completamente distrutte e altre 2.500 solo parzialmente.
L’Ufficio delle Nazioni Unite per gli Affari Umanitari e il Coordinamento stima la presenza, in tutta la Cisgiordania, di oltre 800 ostacoli alla circolazione, un terzo dei quali sono porte stradali frequentemente chiuse. I blocchi stradali, il diniego dei permessi, i ritardi ai posti di controllo e i rischi per la sicurezza sono solo alcune delle ragioni che ostacolano le operazioni.
L’importanza degli aiuti umanitari
Tutte le famiglie sfollate nei rifugi dipendono da un supporto alimentare esterno fornito dalle organizzazioni umanitarie come la nostra. Inoltre, continuano ad avere bisogno urgentemente di articoli essenziali e igienici per evitare il diffondersi di malattie.
"Migliaia di persone sono rimaste senza casa e senza accesso ai servizi di base. I nostri team stanno lavorando instancabilmente per fornire un soccorso urgente, ma le restrizioni e i rischi rendono il nostro lavoro estremamente difficile."
Nonostante le difficoltà, i nostri team continuano a lavorare instancabilmente per portare aiuti essenziali alla popolazione colpita dal conflitto.