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Con Henriette nel cuore delle baraccopoli di Antananarivo

12 Gennaio 2018

Il soggiorno è al primo piano di una costruzione in cemento. Due finestre senza piastrelle illuminano la casa di Henriette, 32 anni. Con suo marito e sei figli vive in 15 metri quadrati.
Per accedere alla case devi salire su una scala traballante. Due divani sono disposti uno di fronte all’altro e lì accanto una radio trasmette le informazioni del giorno in malgascio: “La peste può colpire tutti!” martella il messaggio di sensibilizzazione della radio. La figlia maggiore di Henriette alza gli occhi al cielo e gira la manopola del volume al minimo. Nella parte posteriore della stanza, un letto matrimoniale e alcuni oggetti si accumulano in un angolo.

NEL CUORE DELLE BARACCOPOLI, UNA VITA DI DURO LAVORO

Henriette vive ad Andavamamba Anjezika I, uno dei bassifondi di Antananarivo, la capitale del Madagascar. Gli slums – o baraccopoli – si sono sviluppati negli anni ’90 in seguito a un massiccio esodo rurale a cui le politiche urbanistiche della città non riuscivano a rispondere. Migliaia di persone in cerca di una vita migliore si sono ammassate in condizioni igieniche deplorevoli in queste aree che, ancora oggi, non beneficiano di acqua corrente, servizi igienici o sistemi di gestione dei rifiuti.

Suo marito è un fonditore. Per integrare il loro magro reddito, Henriette compra e cucina manioca per rivenderla in una piccola stalla in fondo alla sua strada. Il termine “strada” sembra essere abusato: è in realtà una pista sterrata, che si snoda tra i bassifondi della baraccopoli. Come se non bastasse l’area è soggetta a inondazioni.

IL PESO DELLA MALNUTRIZIONE ACUTA

Sulle ginocchia di Henriette dorme la sua figlia più piccola, Horea. Questa mattina, come ogni giovedì, sono andati a CASAN, il centro per l’assistenza sociale e il supporto nutrizionale di Azione contro la Fame. La bambino di due anni soffre di malnutrizione acuta moderata e ha ricevuto un trattamento nutrizionale con cibo terapeutico per 4 settimane. Henriette e Horéa erano a casa quando gli operatori sanitari della comunità si sono recati nel loro quartiere per controllare se ci fossere bambini affetti da malnutrizione acuta.

Sul posto, i bambini vengono esaminati, pesati e misurati dal personale medico per valutare l’evoluzione del loro stato di salute. “In questo momento stiamo seguendo 60 bambini e 20 donne incinte o in fase di allattamento. Vengono una volta a settimana per l’auscultazione e il trattamento per sette giorni. Alcune camminano anche 3 ore per raggiungere il centro dalle aree più remote. Ogni giorno è dedicato a un gruppo di mamme e bambini che si incontrano ogni settimana, così si crea un collegamento. Facciamo anche delle visite a casa per verificare che tutto stia andando bene,” dice Miora, la responsabile dei programmi di Salute&Comunità del centro. Riaperto nel 2012 da Azione contro la Fame, il centro copre 15 fokontany – quartieri – e nel 2017 ha accolto oltre 500 bambini.

“VIVIAMO DI GIORNO IN GIORNO”

Henriette perde il filo del discorso cercando di ricordare gli avvenimenti degli anni passati: “Horéa è stata ricoverata in ospedale nel 2016, perché vomitava e aveva la diarrea. Una delle mie figlie, la quinta, è stata curata anche nel 2010”. La figlia maggiore prende la parola: “anche io quando ero piccola sono stata curata e anche mio fratello”. Henrietta ha difficoltà a ricordare, ma le malattie che hanno colpito la sua famiglia sono molte: diarrea, malaria, vomito, infezioni delle vie respiratorie…per fortuna nessuno dei suoi figli è venuto a mancare.

A causa della scarsa igiene e della mancanza di un’alimentazione diversificata, spesso i bambini più vulnerabili, come Horéa, rischiano di ammalarsi di malnutrizione acuta. La metà dei bambini malgasci soffre di malnutrizione cronica, un arresto della crescita dovuto a carenze dietetiche che possono lasciare gravi conseguenze a livello cognitivo. Negli ultimi anni, il Madagascar ha dichiarato guerra alla malnutrizione cronica, che rallentando lo sviluppo individuale rallenta anche lo sviluppo del paese, ma resta ancora molto da fare.

Henriette spera di mandare i suoi figli a scuola per il più lungo tempo possibile, ma quando si interroga sul futuro, prende in prestito le parole di Patricia, una delle sue compagne di gruppo al centro CASAN: “qui viviamo giorno per giorno.”

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