Il numero medio di casi rilevati è stato di 80-100 al giorno in un’area in cui il distanziamento sociale non è possibile: la popolazione vive su una superficie di 385 chilometri quadrati
In questo momento, i team di Azione Contro la Fame impegnatinella Striscia di Gaza stanno raddoppiando gli sforzi nell’ottica di contenere i contagi di Covid-19. Le autorità locali, solo tre settimane fa, hanno iniziato a diagnosticare i “positivi” fuori dei centri di quarantena eil numero medio di casi rilevati è stato di 80-100 ogni giorno.
In particolare, l’organizzazione sta operando per garantire l’accesso all’acqua e ai servizi igienico-sanitari, favorire la fornitura di dispositivi di protezione individuale e di materiali utili per l’igienizzazione, alleviare le conseguenze economiche legate alle restrizioni alla circolazione, che sono particolarmente rigide nell’area situata a nord. “Le limitazioni alla fornitura di acqua potabile e le problematiche legate al trattamento delle acque reflue erano già alcune delle nostre principali preoccupazioni prima dell’avvento della pandemia”, ha dichiarato Simone Garroni, direttore generale di Azione Contro la Fame.
Nella situazione attuale, in cui la pandemia minaccia una popolazione che vive in 385 chilometri quadrati, i rischi sono più elevati. “L’acqua sicura è la chiave di volta per controllare la trasmissione di qualsiasi epidemia ed è, quindi, fondamentale dare continuità ai progetti promossi per fornire acqua e servizi igienici e rafforzare, allo stesso tempo, i sistemi di prevenzione, prevenendo la diffusione del virus”, ha aggiunto, da Gerusalemme, Lucas Honauer, direttore della missione di Azione Contro la Fame.
“Mantenere la distanza sociale in una delle aree più densamente popolate al mondo è una sfida improba. Ed è ancora più complesso confinare una popolazione con un approvvigionamento energetico limitato a 8-12 ore al giorno (solo 4 ore alla fine di agosto, ndr). Una circostanza che ostacola, seriamente, la capacità di conservare il cibo o di continuare a lavorare da casa”, ha spiegato Honauer.
Niente carburante, niente elettricità, niente acqua pulita
L’aumento dei casi di Covid-19 nella Striscia è, peraltro, coinciso con la chiusura dell’unica centrale elettrica di Gaza, avvenuta lo scorso 18 agosto. Recentemente, a seguito dell’escalation delle ostilità tra Gaza e Israele, le autorità israeliane hanno, inoltre, sospeso i rifornimenti di carburante. Dall’11 settembre scorso, il flusso di carburante è ripreso e la rete elettrica è in funzione, ma per otto ore al giorno in media. Secondo Honauer, “è insufficiente per far fronte all’attuale momento critico, in cui le interruzioni di corrente stanno seriamente compromettendo il funzionamento delle infrastrutture, compresi gli impianti di trattamento delle acque reflue e di desalinizzazione”.
Oggi, inoltre, gli ospedali di Gaza vivono una condizione di evidente difficoltà: le strutture sanitarie hanno, attualmente, meno di 100 posti letto di terapia intensiva (su una popolazione di due milioni di persone), che permettono di curare solo 350 pazienti affetti dai Covid-19. È, inoltre, preoccupante la “mancanza di farmaci essenziali e di attrezzature mediche di base, che influisce sulla loro capacità di rispondere adeguatamente alla pandemia”.
Preoccupazione anche in Cisgiordania
impossibilità, di percepire un reddito o di mantenere il proprio lavoro. Le organizzazioni umanitarie che operano in Cisgiordania hanno anche posto i riflettori sulla tensione che si respira in un’area posta sotto il controllo civile e militare israeliano: qui le demolizioni illegali di infrastrutture palestinesisono aumentate ad una media di 65 al mese tra marzo e agosto, la cifra più alta degli ultimi quattro anni.
In azione contro la pandemia
Azione Contro la Fame, nell’area, ha dato priorità alla distribuzione di acqua e di kit igienici come misure preventive per scongiurare, il più possibile, i contagi, soprattutto a beneficio delle famiglie più vulnerabili. Parallelamente, l’organizzazione ha rafforzato i sistemi idrici e igienico-sanitari in alcune comunità, fornendo dispositivi di protezione individuale e di igiene all’interno di istituzioni e agenzie locali. Azione Contro la Fame lavora in Cisgiordania dal 2002 e nella Striscia di Gaza dal 2005. È una delle organizzazioni più attive nella regione: l’aiuto umanitario raggiunge 170.000 persone con un team di 66 operatori.