L’esplosione costituisce, purtroppo, una grave emergenza nell’emergenza. L’aumento dei contagi, infatti, sta mettendo a dura prova i sistemi sanitari, in un contesto in cui le tensioni sociali continuano a crescere in molte zone del Paese. Il rischio di trasmissione del virus è attualmente piuttosto elevato: il 5 agosto il Libano ha registrato il maggior numero di casi in un solo giorno. Gli ospedali del Paese sono sopraffatti da questa circostanza perché devono far fronte alle esigue risorse economiche, ai tagli all’energia elettrica e a una grave carenza di dispositivi di protezione individuale”, ha dichiarato Chiara Saccardi, responsabile geografico di Azione contro la fame in Medio Oriente.
La priorità, in questo momento, è la risposta sanitaria: tre ospedali, nel quartiere di Achrafieh, sono stati gravemente danneggiati e non sono in grado di operare; decine di centri di assistenza primaria, inoltre, hanno subito danni.
Anche il magazzino nazionale, dove sono conservati tutti i vaccini e i medicinali utili per curare le malattie acute e croniche, è stato gravemente colpito. Alcune delle forniture sono già state trasferite in altre località ma, a seguito degli effetti dell’esplosione, la struttura ha bisogno di essere ripristinata.
I servizi di supporto psicologico sono una parte cruciale della risposta attuale, non solo tra la popolazione colpita ma anche tra i professionisti umanitari che potrebbero aver subito traumi legati alla esperienza diretta dell’esplosione. Tale attività dovrebbe essere rafforzata in tutte le strutture sanitarie di base, soprattutto nelle aree colpite o nelle zone in cui le persone sono state trasferite.
Azione contro la Fame, in Libano, sta lavorando con il Consorzio di protezione libanese e con altre organizzazioni internazionali con l’obiettivo di identificare i principali bisogni della popolazione colpita. Secondo fonti ufficiali, le necessità più immediate riguardano l’accesso al cibo e la possibilità di ricevere un alloggio per le 250.000-300.000 persone rimaste senza casa.