In una lettera aperta inviata il 19 Ottobre scorso Azione contro la Fame, Oxfam, il Norwegian Refugee Council (NRC), Save the Children ed altre sette ONG lanciano un appello al Consiglio di Sicurezza dell’ONU per spingere le parti in conflitto in Yemen ad attuare un immediato “cessate il fuoco” e ad implementare un processo di pace. Le organizzazioni lanciano un appello sia per sviluppare un nuovo meccanismo di monitoraggio per investigare sull’evidenza sempre maggiore di potenziali crimini di guerra, sia per una estensione dell’embargo delle armi a tutte le fazioni che violano la legislazione di guerra in Yemen.
La lettera arriva dopo che Ansar Allah e il Congresso Generale del Popolo hanno trovato un accordo sia sul testo di una lettera per implementare la Risoluzione 2216 del Consiglio di Sicurezza, sia sul piano di pace arabo negoziato dall’inviato speciale delle Nazioni Unite per lo Yemen.
Dato il rapido deterioramento della situazione umanitaria, le continue restrizioni alle importazioni ed il collasso dei servizi di base in tutta la nazione, la lettera chiede ai membri del Consiglio di Sicurezza dell’ONU di spingere le parti in conflitto a provvedere ad un corridoio immediato e sicuro e a fornire, senza ostacoli, un aiuto umanitario alla popolazione colpita. Nella lettera si fa riferimento anche alla richiesta di revoca del blocco per i beni di prima necessità come carburante, alimenti e medicine, di modo che questi beni possano finalmente entrare all’interno dei confini nazionali.
Fin da Marzo di quest’anno i combattimenti hanno provocato almeno 2.500 vittime fra i civili – tra cui oltre 500 bambini – e causato 2,3 milioni di sfollati in tutta la nazione.
“Sei mesi dopo l’adozione della Risoluzione 2216 da parte del Consiglio di Sicurezza dell’ONU, gli sforzi per la pace in Yemen sono ora in fase di stallo, mentre 21 milioni di yemeniti subiscono più di tutti il peso di questo conflitto” dice Sajid Mohammad Sajjad, Direttore Paese di Oxfam in Yemen. “Le Nazioni Unite devono trarre vantaggio dai recenti sviluppi politici per negoziare un “cessate il fuoco”, ricominciare un proceso di pace e stabilire un’istituzione internazionale responsabile per il monitoraggio e la valutazione delle potenziali violazioni da tutte le parti coinvolte” conclude.
La lettera chiede la fine del blocco e delle barriere all’accesso di beni umanitari di importanza vitale nelle zone di conflitto. Nel mese di Settembre di quest’anno, solo l’1% del carburante necessario in Yemen ha fatto il suo ingresso dentro i confini: il livello più basso da Aprile.
Nella città di Taiz, il terzo centro urbano del paese, centinaia di migliaia di civili soffrono disperatamente la carenza di acqua, cibo e medicine mentre i gruppi armati rafforzano il loro controllo sulla città, non consentendo l’ingresso degli aiuti umanitari.
Per Gabriella Waaijman, Direttore Regionale per il Corno d’Africa e lo Yemen del Norwegian Refugee Council, “la crisi umanitaria in Yemen ha raggiunto livelli estremi ed i civili continuano a pagarne il prezzo. E’ urgente che tutte le parti in conflitto acconsentano all’accesso degli aiuti umanitari per le popolazioni bisognose e che il Consiglio di Sicurezza obblighi le parti al rispetto del Diritto Internazionale“
Edward Santiago, Direttore Paese di Save the Children in Yemen, ci dice che “i bambini soffrono il peso delle crisi. Sono le vittime degli attacchi aerei e dei combattimenti, mentre le case, le scuole e gli ospedali da cui sono dipendenti sono ora danneggiati o distrutti. Molte famiglie non hanno cibo, carburante e medicine di cui hanno terribilmente bisogno per sopravvivere, per il semplice fatto che l’assistenza umanitaria non può entrare nel paese a causa dei blocchi. Fra Marzo ed Agosto abbiamo già assistito ad un incremento del 150% dei casi di malnutrizione acuta grave. Senza una assistenza umanitaria immediata, migliaia di bambini potrebbero morire“.
Secondo le Nazioni Unite, negli ultimi 6 mesi i bambini che hanno abbandonato la scuola sono più che raddoppiati ed hanno chiuso 4 scuole. Molte altre sono danneggiate o stanno ospitando persone sfollate a causa del conflitto.