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Luz Tamara, la psicoterapeuta che pulisce i bagni

6 Febbraio 2019

È mattina nella scuola ‘Mi Pequeño Sol’ di Lima e Luz Tamara sta pulendo i bagni, come sempre. All’improvviso sente delle urla provenire da un’aula: si toglie i guanti, lascia il secchio e si precipita a vedere. Un bambino di cinque anni è disteso sul pavimento in preda a un attacco e l’insegnante è nel panico. Luz riesce a sedarlo, poi prende carta e penna e annota sia i tempi tra una crisi e l’altra che la loro durata. Scrive anche una nota in cui suggerisce un esame per verificare se la dose di farmaco che vede che il bimbo sta assumendo sia corretta. Quando le cose si calmano, torna al suo bagno a finire il lavoro.

QUI un aggiornamento sulla situazione dei migranti venezuelani

Da psicoterapeuta a donna delle pulizie

Due giorni dopo, i genitori di Thiago vanno a scuola chiedendo del dottore. “Non abbiamo nessun dottore” risponde il custode. “Certo che lo avete. È quello che ha scritto questa nota” rispondono. “No… quella è la signora delle pulizie”. La mandano a chiamare, la abbracciano e la ringraziano. “Ma cosa ci fa a pulire i bagni?”. “Sono appena arrivata dal Venezuela. Avevo fame” risponde Luz Tamara. Sono tempi duri per la gente comune. Solitudine, paura, disperazione… le persone che migrano per fuggire da guerra e povertà ci ricordano sempre più l’Odissea e, come Ulisse di fronte a Polifemo, l’unico modo per sopravvivere è quello di essere un nessuno, rimanere costantemente invisibili.

In fuga dal Venezuela

Molto difficile per chi, nella vita precedente, era ‘qualcuno’: Luz Tamara Angulo è una psicoterapeuta specializzata in psicologia forense. In Venezuela era una funzionaria pubblica, direttrice del Tribunale Penale Forense. La sua vita, però, ha iniziato a vacillare sull’onda del collasso economico e politico del Paese. Il punto di non ritorno fu il 28 novembre 2016, quando suo figlio Victor scomparve. Lo cercò nelle prigioni, negli ospedali e persino negli obitori, senza successo. Un mese dopo, il telefono squillò: era Victor. Aveva partecipato alle proteste antigovernative guarimbas. “Mamma, mi hanno arrestato. Sii forte perché lo sarò anch’io. Ti prego, non sentire la mia mancanza. Ti voglio bene”. In quel momento, Luz capì che doveva scappare: vendette tutti i suoi beni per far uscire dal Paese gli altri 3 figli. Lei fu l’ultima: il 12 maggio 2018 prese uno zaino, nascose 400$ sotto i piedi e partì per la Colombia. Seguì una pista nella giungla, guadò un fiume con l’acqua alla vita e, ore dopo, oltrepassò il confine.

La ‘sidrome di Ulisse’

“Mi tolsi lo zaino, guardai indietro e realizzai che stavo lasciando una vita per iniziarne una totalmente nuova” ricorda Luz. Dopo 5 giorni di autobus attraverso Colombia ed Ecuador arrivò in Perù. A Lima aveva soldi sufficienti per una settimana, poi iniziò a cercare lavoro ma la risposta era sempre la stessa: “Scordatelo, sei vecchia e in più venezuelana”. Dopo alcuni giorni, le offrirono di fare le pulizie in una scuola: “È stato molto umiliante, ora capisco cosa vuol dire ricominciare da zero”. Ora è in Perù da 8 mesi e lotta ogni giorno per non cadere in depressione, cosa molto comune tra i migranti: è la “sindrome di Ulisse”.

Azione Contro la Fame per i migranti venezuelani

“Lasciare il tuo Paese, la tua famiglia e lottare per sopravvivere in terra straniera, oltre a problemi come xenofobia e discriminazione, può causare contraccolpi psicologici” spiega América Arias, direttrice di Azione Contro la Fame in Perù, che gestisce un programma di sostegno psicosociale per i migranti venezuelani. “L’adattamento al nuovo ambiente provoca problemi emotivi e affettivi. Come il noto ‘stress da acculturazione’ che nel tempo, se non affrontato, può generare disturbi mentali nelle persone vulnerabili: stress psicosociale, isolamento sociale, bassa autostima, depressione, ansia, fobie, violenza domestica” afferma Arias.

L’impegno di Luz

Molti tra i fuoriusciti venezuelani sono professionisti, particolare che aggrava la situazione. In patria erano ingegneri, professori o medici, mentre in Perù hanno difficoltà a trovare lavoro e spesso finiscono per fare i venditori ambulanti. Così, per affrontare la situazione, Luz Tamara si è rimboccata le maniche: ora lavora in centri che fanno terapie di gruppo e individuali per gli immigrati arrivati da poco a Lima. “Molti sono in ansia per l’ignoto, perché hanno perso le loro case. La loro comunità, i loro amici, tutto perso in un battito di ciglia: è qualcosa che non riescono a metabolizzare”. Lo psicologo infantile ha anche visto che ci sono diversi bambini malnutriti: “E questo – spiega – ha un impatto notevole sullo sviluppo cognitivo del bambino”. América Arias non ha dubbi: “La salute mentale degli immigrati è vitale per la loro integrazione nella società e per recuperare la propria identità in questo nuovo capitolo della loro vita”.

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