Il periodo di semina inizia nel sud del Niger e le previsioni di pioggia fanno sperare in un buon raccolto ma l’insicurezza dell’area (solo nel mese di luglio sono state sequestrate 39 donne e bambini, presumibilmente da Boko Haram) e un’epidemia di epatite E, che ha già colpito più di 1600 persone, potrebbero danneggiare queste previsioni positive.
Le autorità del Niger stanno cercando di individuare un luogo adeguato ad ospitare le 250.000 persone sfollate dalla violenza di Boko Haram (molti ancora vivono per strada in condizioni precarie), ma hanno bisogno del sostegno della comunità internazionale per la fornitura di acqua sicura e l’installazione di latrine e infrastrutture sanitarie di base.
“L’epatite E, particolarmente grave nelle donne in gravidanza, è un virus che viene trasmesso attraverso l’acqua e le feci: garantire un ambiente sicuro è fondamentale per affrontare questo tipo di epidemia”, spiega Celia González, tecnica del team di Azione Contro la Fame, che è presente nella regione fin dall’inizio della crisi sul lago Ciad, dove ha distribuito kit di igiene, installato latrine e sensibilizzato la popolazione sull’identificazione e prevenzione dell’epatite E. Ma i fondi per consilidare l’intervento scarseggiano.
Tensioni per la carenza d’acqua
“L’espansione e la costruzione di nuovi campi per la popolazione sfollata, che deve avere accesso a una fonte di approvvigionamento, ci rendono particolarmente preoccupati per le forniture d’acqua”, afferma Niamey Pauline Jacquart, coordinatore del team di emergenza di Azione Contro la Fame in Niger. “Inoltre, le tensioni tra la popolazione locale e gli sfollati per l’accesso all’acqua cominciano ad essere sempre più evidenti”. Sebbene un censimento preciso presenti grandi difficoltà, si stima che oggi siano presenti 248.000 sfollati (di cui più di 105.000 sono rifugiati provenienti dalla Nigeria).
Una risposta efficace
“Dal lato positivo, vale la pena notare l’enorme sforzo compiuto dalla comunità umanitaria durante la stagione della fame, il perido più difficile dell’anno, quello tra i due raccolti (da giugno a settembre): gli aiuti hanno raggiunto più di 405.000 persone, principalmente sotto forma di distribuzioni alimentari e denaro contante per comprare cibo. Un intervento che ha salvato migliaia di vite,” spiega il Direttore Pease di Azione Contro la Fame, Lucas Honnauer.
Il volo di Boko Haram continua
Le ultime figure mostrano, nella sola regione di Diffa, più di 200.000 sfollati, compresi i rifugiati, gli sfollati interni e i rimpatriati. “La situazione è tutt’altro che stabile: la popolazione continua a essere costretta a lasciare i propri villaggi di fronte agli attacchi e ai saccheggi perpetrati da Boko Haram, oppure entra in zone di massimo rischio per pescare o procurarsi cibo. La violenza costante nella zona potrebbe contrastare gli sforzi della popolazione nella semina, che è appena iniziata”, conclude Jacquart.