In un mondo in cui ormai ben 811 milioni di persone soffrono la fame, in cui la crisi climatica e della biodiversità sono ormai evidenti e con le attuali previsioni di crescita della popolazione mondiale, è quanto mai opportuna la riflessione promossa dal Food System Summit, il vertice sui sistemi alimentari che si terrà il 23 settembre a New York nel quadro dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Azione Contro la Fame condivide, infatti, l’esigenza di una seria riflessione da parte della comunità internazionale su come garantire a tutti il diritto a una alimentazione sana nel prossimo futuro. Allo stesso tempo, però, ritiene che la governance del Summit non abbia garantito la giusta centralità e il dovuto coinvolgimento a coloro che soffrono maggiormente la fame e sono direttamente coinvolti nelle attività legate alla produzione di cibo. Inoltre, i lavori preparatori del consesso, svolti nel mese di luglio, non hanno indicato le auspicate soluzioni trasformative e, in particolare, non hanno riservato la giusta priorità all’agroecologia, al ruolo delle donne nei sistemi alimentari e ai metodi utili per trasformare i sistemi alimentari nei contesti di conflitto.
“Il principio della ‘sovranità alimentare’ e il diritto al cibo devono essere al centro della trasformazione dei sistemi alimentari. Per questa ragione, riteniamo che l’unica strada possibile per assumere decisioni che siano all’altezza delle sfide sia il protagonismo delle comunità interessate: piccoli agricoltori, lavoratori agricoli, allevatori, oltre che i rappresentanti dei territori che, oggi, più di altri patiscono la fame”.
“Pur riconoscendo la legittimità del coinvolgimento delle multinazionali dell’agribusiness - prosegue Garroni -, crediamo che non debbano essere loro a guidare la discussione o a plasmare l’agenda del vertice. Non si può infatti escludere dall’analisi del problema l’impatto dei sistemi alimentari agroindustriali sulla fame, sul clima, sulla biodiversità e sulla crisi sociale in atto”.
Azione Contro la Fame rileva, poi, che il Summit non risulta conferire una adeguata priorità all’agroecologia contadina come perno della strategia di trasformazione dei sistemi alimentari. Le fattorie familiari, oggi, producono più del 70% del cibo consumato nel mondo, utilizzando meno del 20% delle risorse produttive. Le pratiche miste coltura-allevamento sono molto più efficienti dal punto di vista energetico rispetto alle monocolture industriali e agli allevamenti intensivi. Inoltre, mentre pesticidi e fertilizzanti chimici devastano il suolo e la biodiversità, l’agroecologia mira a trovare una simbiosi con l’ambiente.
“L’agroecologia è già praticata con successo da milioni di piccoli agricoltori ed è capace di garantire una partecipazione più equa delle popolazioni in termini di accesso alla terra, alle risorse produttive, a diete sane e sostenibili. Dobbiamo estenderla - continua Garroni – e promuovere l’equità rimuovendo le barriere di accesso alla terra, ai finanziamenti e alla formazione agricola per coloro che sono le protagoniste dei sistemi alimentari. Basti pensare alle donne, che sono quelle che maggiormente soffrono la fame, la malnutrizione e gli effetti dei cambiamenti climatici”.
C’è un altro aspetto fondamentale a cui il Vertice, così come ogni altra piattaforma simile che analizzi i sistemi alimentari e l’insicurezza alimentare, dovrebbe riservare: i contesti fragili e di conflitto. Omettere tali contesti significa non dare risposta ai bisogni di molti Paesi e di milioni di persone che sperimentano le forme più acute di fame.
Azione Contro la Fame si augura, quindi, che il Food System Summit sia solo un punto di partenza e che la discussione sia davvero coerente con gli auspici dell’Agenda 2030 e, in particolare, con l’obiettivo ‘fame zero’. Ci saranno nel prossimo futuro altri appuntamenti internazionali che possono dare risposte adeguate ai problemi della nutrizione e della fame: dal prossimo G20, che si svolgerà in Italia nel mese di ottobre, alla COP26, fino a Nutrition for Growth. È necessario avere maggiore coraggio e adottare un “approccio olistico” al tema della nutrizione, capace di intervenire su più piani paralleli, consapevoli che per contrastare la fame occorra agire sulle sue cause strutturali.
“Il rischio è che, oggi, nonostante gli importanti appuntamenti dell’anno - conclude Garroni - non si riesca ad affrontare la trasformazione dei sistemi alimentari alla luce di questi scenari assai complessi mentre tanti Paesi e milioni di persone rischiano ancora di soccombere a cicli continui di fame e insicurezza alimentare”.