Oltre al monitoraggio dell’alimentazione dei bambini e ad assicurare le riserve d’acqua per tutti, Azione contro la Fame nei campi di Khazir e Zelikan fornisce supporto psicologico per le famiglie più vulnerabili.
“Le persone che fuggono da Mosul e dai territori circostanti arrivano nei campi in uno stato di profonda sofferenza, visto ciò che hanno subito negli ultimi due anni e la fuga a cui sono stati costretti dai combattimenti” ci spiega Malourène Cordier, Coordinatore di Emergenza in Iraq.
I team di supporto psicologico e sociale di Azione contro la Fame passano di tenda in tenda, confortando i nuovi arrivati, spiegando tutti i servizi disponibili nel campo e ascoltando le loro storie. Queste sessioni di “primo soccorso psicologico” offrono anche un’importante opportunità per i membri del team di identificare le persone che hanno bisogno di assistenza psicologica, che sono invitate a prendere parte in sessioni di gruppo o ad appuntamenti individuali con uno psicologo.
Le nostre valutazioni preliminari sui bisogni psicologici delle persone a Zelikan e Khazir hanno rivelato risultati rilevanti. Più del 70% delle persone ascoltate ha detto di provare una grande sofferenza, nonostante più della metà (58%) si consideri al sicuro nel campo.
“Questi numeri non sono sorprendenti – spiega Cordier – Molte persone sono state costrette a fuggire di notte, inclusi i bambini. Durante la fuga hanno incontrato dei cadaveri, mentre le bombe continuavano a cadere, e adesso si trovano in un ambiente sconosciuto”.
In meno di una settimana, più di 1.500 famiglie sono arrivate al campo, portando il numero di persone che ci vivono a quasi 20.000. Azione contro la Fame è responsabile dell’acqua e delle strutture sanitarie: ogni giorno i suoi team riempiono i 140 serbatoi di acqua e hanno già distribuito 1.500 kit per l’igiene.
“Ogni giorno arrivano nuove famiglie – spiega Yves Bertrand, responsabile del programma di acqua e igiene in Iraq – in un solo giorno sono arrivate 500 famiglie: ogni giorno lavoriamo per fare in modo che tutti abbiano acqua a disposizione”.
Nonostante gli sforzi delle organizzazioni umanitarie, le persone che arrivano al campo sono preoccupate. Ali, 26 anni, ci confida: “Mi sento più sicuro ora che ho raggiunto il campo, ma allo stesso tempo sono preoccupato. Presto farà freddo, forse piòverà, e non sappiamo per quanto tempo staremo qui”.