Khairut Boshar si prende cura di sua nipote Noor Kolima, 18 mesi, da quando i suoi genitori sono stati uccisi in Myanmar. Con loro viaggiano anche la moglie e il figlio di un anno. Vengono da Boli Bazar.
“Nel nostro villaggio ci sono state diverse sparatorie. Il padre della piccola è stato ucciso da una di queste sparatorie, la madre in quella successiva. Poi le hanno tagliato la gola e a quel punto siamo corsi nella foresta,” dice Khairut.
E continua: “La piccola era con me, e ora rimarrà con me. I suoi genitori sono morti, quindi adesso la curo io. Suo fratello è stato ucciso durante i combattimenti, insieme alla madre. Come si fa ad uccidere un bambino?
Aveva solo sette mesi e ora è morto. Noor Kolima non ha più fratelli o sorelle.
Sua madre le ha donato questa la collanina subito prima dell’attacco che le ha tolto la vita. Sarà tutto ciò che avrà in memoria dei suoi genitori. Ma almeno ha me e mi vuole bene. Le nostre famiglie erano molto unite, e ora siamo in quattro: io, mia moglie, nostro figlio di un anno e Noor Kolima.
Ci sono voluti 15 giorni per arrivare qui. Abbiamo trascorso nove giorni nella foresta. Non potevamo uscire dalla foresta durante il giorno, dovevamo nasconderci. Mangiavamo nella foresta, arrangiandoci con quello che trovavamo.
Abbiamo camminato molto. Quando le gambe iniziavano a farci male ci fermavamo a risposare un pochino e quando il dolore diminuiva riprendevamo il cammino.
Siamo in Bangladesh da quattro giorni. Non possiamo costruire un riparo, dato che non abbiamo ancora ricevuto la tela. Speriamo di poterlo costruire presto”.
Conclude Khairut: “Qui non c’è lavoro. Quindi sto pensando a quello che farò. Siamo venuti qui [al centro di Azione contro la Fame] perché abbiamo sentito che viene distribuito cibo e oggi abbiamo ricevuto un gettone per poter tornare. Spero che qui ci daranno cibo ogni giorno.
Dobbiamo mostrare il nostro gettone per far pesare i bambini e ottenere un assegno, e riceviamo anche un po’ di cibo”.