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Rifugiati siriani in Libano: un’emergenza umanitaria che non può essere ignorata

19 Giugno 2025

Da oltre un decennio, la guerra in Siria ha generato un clima di violenze, distruzione e sfollamento forzato che ha segnato la vita di intere generazioni.

Nel dicembre del 2024 il governo di Bashar al-Assad è caduto, ma la popolazione vive ancora in condizioni di forte insicurezza. L’economia collassata, le infrastrutture distrutte, la mancanza di opportunità di sostentamento e gli scontri armati in corso continuano a costringere molte famiglie alla fuga in Libano. La maggior parte delle persone, infatti, si è spostata vero Akkar e nei governatorati settentrionali, nonché nella zona della Bekaa e di Baalbek-Hermel.

Dal cambio di governo, l’UNHCR ha registrato più di 100.000 arrivi in Libano.

Nei campi profughi in Libano le condizioni sono sempre più critiche

Il Libano ospita il maggior numero di rifugiati pro capite e per chilometro quadrato nel mondo. Attualmente, almeno 1,4 milioni di rifugiati siriani si trovano in Libano. Si tratta di coloro che sono fuggiti anni fa, chi ha lasciato la città senza portarsi niente e si è ritrovato all0interno di una realtà segnata da scarsità di risorse, riduzione dei finanziamenti per gli aiuti umanitari e crescente tensione sociale.

In luoghi come Hermel, Akkar e Fekehe, i rifugi sono sovraffollati, l’acqua non è sicura da bere e le epidemie di malattie come il colera rimangono una minaccia.

Voci di rifugiate siriane tra dolore, fuga e mancanza di cure per i figli

Leila, un nome fittizio per proteggere l’anonimato, è una donna di 56 anni che ha attraversato il confine nel dicembre 2024 dopo aver assistito all’uccisione di suo fratello.

Dei suoi sette figli, uno è stato ucciso, due sono rimasti in Siria e quattro sono con lei in esilio. Da mesi cerca di trovare un lavoro per mantenere la sua famiglia, mentre lei e la sua famiglia vivono in un rifugio e dormono su un materasso per terra.

Rifugiate siriane in Libano

"Ho molta paura per i miei figli, non voglio che vengano uccisi".

Come Leila, anche Rima è fuggita nel momento in cui si è insediato il nuovo governo e ha lasciato la sua casa di Tartous, a 50 chilometri dal confine libanese. Oggi vive con il marito e otto figli in una stanza singola nel rifugio collettivo di Rihaniyeh. Due dei suoi figli, Ahmad e Ali, soffrono di talassemia, una malattia cronica del sangue. Hanno bisogno di medicinali specifici e di una dieta adeguata, ma non vi hanno accesso.

"Ahmad ha bisogno di integratori alimentari e nutrizionali molto specifici, in quanto non può tollerare o digerire determinati alimenti, come i cereali, per esempio. Ha 13 anni, ma non sembra averli, perché ha problemi di crescita dovuti alla mancanza di una corretta alimentazione".

Rima desidera tornare nella sua terra, in Siria.

"Al momento non è sicuro farlo e ci sono molte mine sulla strada di casa. Speriamo che la situazione in Siria si stabilizzi presto e possiamo tornare a casa."

Il ritorno impossibile: perché i rifugiati non riescono a tornare in Siria

Sono quasi 600.000 i rifugiati che hanno tentato di lasciare il Libano dopo la caduta del governo di Bashar al-Assad, secondo i dati dell’UNHCR. Tuttavia, il livello di distruzione delle città e l’insicurezza delle comunità ha fatto sì che più del 70% di loro siano stati costretti, in seguito, a tornare in Libano dove i rifugi sono sovraffollati e ci sono epidemie diffuse che minacciano la salute dei rifugiati.

Samaa, che da più di dieci anni vive in un campo informale a Fekehe, nel nord del Libano, conosce bene le difficoltà dei rifugi. La sua famiglia ha come unica opzione quella di vivere in una tenda sporca su terreno pianeggiante senza servizi.

"Dobbiamo camminare per chilometri per ottenere cibo e acqua. Nel campo l'acqua non è potabile. In estate non possiamo stare nelle tende, fa troppo caldo".

Suo marito lavora come agricoltore stagionale, ma i soldi non sono sufficienti. In inverno, sopravvivono grazie ai prestiti. La storia di Samaa è intrecciata con quella di Salama. Entrambe sono fuggite nel 2012 e vivono con le rispettive famiglie a Fekehe, entrambe hanno cercato di mantenere un legame con la Siria. Salama è tornata brevemente a Homs dopo la caduta del governo di Bashar al-Assad e ha trovato la sua casa completamente bruciata.

"Non ho niente in Siria da cui tornare”

Il lavoro di Azione Contro la Fame a fianco dei rifugiati siriani

Noi di Azione Contro la Fame continuiamo a rispondere alle esigenze della popolazione rifugiata siriana con interventi in ambito di nutrizione, igiene e assistenza alla maternità. I bisogni, però, rimangono immensi. Sono ancora molti i rifugi in cui le famiglie condividono una stanza singola, non hanno né privacy né sufficienti materassi dove dormire, oltre che un accesso limitato a tutti i servizi di base. L’emergenza per la Siria non è finita e non lo è nemmeno per i suoi rifugiati in Libano. Azioni concrete possono permettere a queste famiglie un futuro che, ad oggi, è incerto. Insieme, si può intervenire in una crisi umanitaria che è una delle più gravi al mondo.

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