Il team di Azione Contro la Fame lascia la base a sud di Dohuk. Da oltre un anno, l’organizzazione internazionale svolge attività in molti villaggi del governatorato di Ninive per affrontare le potenziali conseguenze umanitarie di una offensiva militare su Mosul. Lungo la strada che conduce alla seconda città dell’Iraq ci sono diversi punti di controllo. In lontananza, si alza una nuvola di fumo nero di cui è difficile determinare l’origine esatta, che getta una nube di incertezza sul futuro di Mosul, controllata per oltre due anni dallo Stato Islamico.
Dopo 40 chilometri, il team arriva a Sindanak dove un uomo che indossa un vestito bianco luminoso si affretta a indicare la strada con un sacco di gesti. “Girate a sinistra dopo il serbatoio dell’acqua, la scuola è proprio lì, non potete sbagliarvi: è l’ultimo edificio del villaggio”. Un addetto viene incontro al team e allunga una mano, calda come il suo sorriso. Eppure in quel posto da più di due anni le persone hanno avuto ben pochi motivi per rallegrarsi. L’arrivo degli sfollati da Mosul ha dimezzato le risorse locali, non c’è lavoro e i bambini non vanno a scuola.
Saddam Hussein Ali e la sua famiglia abitano all’interno della scuola. Originario di Narwan, un villaggio a est di Mosul, le 23 persone che fanno parte della sua famiglia sono fuggiti ad agosto 2014. La sessione di formazione sull’igiene sta per iniziare e Saddam coglie l’occasione per raccontare la sua storia: non ha avuto esitazioni quando suo fratello è venuto a bussare alla sua porta, il 6 agosto. “Dobbiamo fuggire, Daesh sta arrivando” gli ha detto.
“Abbiamo dovuto agire in fretta – racconta tranquillo Saddam – né lui né io avevamo un veicolo, quindi ne abbiamo affittato alcuni”. Con tutta la sua famiglia stipata in 3 veicoli, prende la strada verso nord. “Siamo arrivati a Sheikhan e abbiamo pensato di affittare una casa, ma altri avevano avuto la stessa idea e non c’era niente”. Ci siamo seduti nella moschea, ma era piena di persone. Il giorno seguente siamo andati a Sindanak, un villaggio in cui ero stato in passato per lavoro. Siamo arrivati qui con niente e l’ospitalità della gente è stata fantastica. Immediatamente ci hanno sistemati nella scuola, ci hanno portato cibo, acqua e materassi. Viviamo qui da quando siamo arrivati, ma speriamo che la situazione possa migliorare presto! Gli operatori umanitari sono venuti ad aiutarci e in particolare Azione Contro la Fame ha portato dei pacchi di cibo per diversi mesi: tanta generosità ci ha veramente toccato, qui c’è tanta solidarietà. Quando lo Stato Islamico ha preso Mosul, nel 2014, ho accolto in casa mia 16 persone: preferivo vedere la mia casa piena di gente, piuttosto che starne lontano” aggiunge.
La sessione di formazione ha inizio. Venti persone, tra abitanti del villaggio e sfollati sono riunite in una stanza che ha recuperato parte della sua consueta forma per l’occasione. Il lavoro di gruppo e la spiegazione sulle migliori pratiche in materia di igiene e conservazione dell’acqua è un successo. Le sessioni continueranno per altre sei settimane: “È importante che tutti abbiano lo stesso livello di informazioni, non ci sono molte risorse, allora si deve sapere bene come condividerle” conclude Saddam.