Il 4 agosto 2006, 17 operatori umanitari di Azione contro la Fame sono stati uccisi nella base ACF a Muttur, a est dello Sri Lanka. Erano tutti chiaramente identificabili come operatori umanitari grazie alla T-shirt che indossavano e alla loro presenza nella base, elementi che testimoniavano la missione umanitaria che stavano portando avanti. Eppure sono stati brutalmente assassinati con una pallottola in testa. All’epoca Azione contro la Fame aiutava la popolazione della regione a fare i conti con le conseguenze dello tsunami e le barbarie della guerra.
A dieci anni di distanza questo crimine rimane impunito, ed è uno degli episodi che testimonia la tendenza, in crescita degli ultimi anni, a non rispettare le leggi umanitarie internazionali. Per questa ragione, in questo triste anniversario, vogliamo affermare di nuovo che crediamo nell’intervento umanitario come espressione della solidarietà internazionale al servizio di tutti, senza nessuna distinzione riguardo alle etnie o all’appartenenza delle persone che ricevono aiuto. L’intervento umanitario deve essere neutale, indipendente, imparziale e non deve essere messo in pericolo – come nel caso del tragico bombardamento dell’ospedale di Medici senza Frontiere a Kunduz, il 3 ottobre 2015.
Gli operatori umanitari vengono presi a bersaglio regolarmente. Oggi, come 10 anni fa a Muttur, lo status di imparzialità, neutralità e indipendenza del mestiere non sempre è una protezione. La comunità internazionale ha il dovere di far rispettare le leggi internazionali. Di conseguenza, chiediamo a tutte le parti in causa – stati, organizzazioni umanitarie e singoli donatori – di pretendere la protezione dei lavoratori umanitari e la possibilità di raggiungere le popolazioni che hanno bisogno.
Perchè uccidere un operatore umanitario vuol dire rompere la catena di solidarietà che può salvare delle vite. Di conseguenza, lasciar morire un operatore umanitario vuol dire essere complici di un crimine ancora più grande.
Thomas Ribémont, Direttore Azione contro la Fame Francia
I FATTI
Il 4 agosto 2006, 17 lavoratori di Azione contro la Fame, tutti chiaramente identificabili come operatori umanitari, sono stati uccisi nell’ufficio di ACF a Muttur, nello Sri Lanka.
Fino a oggi, nessun processo internazionale o nazionale è riuscito a fare luce sulla vicenda.
ACF ha chiesto l’intervento di una commissione internazionale dopo il fallimento del processo nazionale.
A settembre 2015, il Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani ha pubblicato un rapporto sui crimini commessi nel corso della guerra civile in Sri Lanka. Il report ha confermato le scoperte di ACF sul caso Muttur, criticando il ruolo delle forze di sicurezza e mettendo in luce le minacce fatte contro le famiglie e i testimoni.
L’UNHCR ha chiesto la creazione di un tribunale speciale con membri internazionali.