“La pubblicazione del ‘Rapporto globale sulle crisi alimentari’ (Global Report on Food Crisis, ndr), curato dal Global Network Against Food Crises e presentato oggi, certifica ancora un volta un aumento dei livelli di insicurezza alimentare e conferma purtroppo la fame come una piaga contemporanea legata alla combinazione perversa di conflitti, effetti dei cambiamenti climatici, diseguaglianze socioeconomiche e, di recente, l’impatto socio-economico del Covid-19”. Lo ha dichiarato Simone Garroni, direttore generale di Azione Contro la Fame, organizzazione internazionale specializzata nella lotta alla fame e alla malnutrizione nel mondo.
Il documento, d’altra parte, documenta la gravità delle crisi alimentari in corso che, di fatto, hanno esacerbato le fragilità preesistenti all’interno delle comunità più vulnerabili. Il rapporto stima che nel 2020 almeno 155 milioni di persone di 55 Paesi erano in condizioni di grave insicurezza alimentare; si tratta del livello più alto registrato in cinque anni di rapporti targati “GRFC”. Una emergenza che investe, in particolare, i più piccoli. I bambini che vivono nelle aree caratterizzata da una in crisi alimentare sono, infatti, più esposti alla malnutrizione: 15,8 milioni di bambini di età inferiore ai cinque anni sono in stato di malnutrizione acuta e 75,2 milioni sottopeso.
E se il 2020 è stato nefasto sul versante della fame e della malnutrizione, il 2021 rischia ulteriormente di condurre altri milioni di persone verso l’insicurezza alimentare. Il rapporto prevede, infatti, che oltre 142 milioni di persone in 40 dei 55 Pesi inclusi nel rapporto vivranno una condizione di crisi ed è giunto il momento che i grandi consessi internazionali mettano in agenda il tema.
“Se pensiamo all’obiettivo ‘zero hunger’ tracciato dagli Obiettivi di sviluppo del Millennio e guardiamo i dati del rapporto, ci sentiamo come se, percorrendo una autostrada, invece di avvicinarci alla destinazione, tornassimo mestamente alle tappe intermedie riavvicinandoci alla partenza. Questi dati rafforzano la necessità di un cambio di paradigma sia nella dimensione degli aiuti sia nella destinazione. Gli impegni di finanziamento da parte dei membri del G7, che quest’anno si riunisce nel Regno Unito, devono essere nuovi e aggiuntivi, non la riproposizione di impegni esistenti. Abbiamo bisogno di una risposta in termini di prevenzione alla fame e alla malnutrizione. È, del resto, molto più conveniente agire prima e per tempo che rispondere alle crisi alimentari dopo che si sono verificate”.
Questo è anche l’anno in cui l’Italia e il suo governo, già impegnati con l’obiettivo di costituire una food coalition, ha la presidenza del G20.
“Ci auguriamo che anche il Governo italiano possa dare forte impulso a lotta alla fame e a contrastarne le cause strutturali. In questi 9 anni che cu separano dal 2030, è necessario promuovere maggiori sforzi condivisi dalla comunità internazionale e dai governi locali per dare vita in 3.200 giorni, nell’ambito di una vera e propria ‘road map’, a un mondo più equo e sostenibile”.