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STORIE DAL CAMPO: IL DRAMMA DEL KURDISTAN IRACHENO

26 Novembre 2014

Ahmed Saoud ha lasciato Sinjar l’Agosto scorso verso il governatorato di Dahuk, cercando rifugio dalla violenza. Le condizioni, però, sono dure.

 Ahmed Saoud era un avvocato a Sinjar nell’Iraq settentrionale, fino all’Agosto scorso. Fino al momento in cui le esplosioni di violenza nei pressi della sua casa hanno costretto il 55enne ad abbandonarla con la sua famiglia.

Adesso cercano di trovare la loro privacy sul pavimento del quinto piano di un palazzo mai terminato di costruire della città di Zahko, nel governatorato di Dahuk.

 Purtroppo la storia i Saoud non è l’unica. Oltre 400.000 persone si sono riversate nella regione di Dahuk nello stesso periodo e di queste, almeno 150.000 hanno trovato rifugio a Zahko, una città con 350.000 residenti dove campi di fortuna, scuole e palazzi ancora in costruzione si sono trasformati in abitazioni temporanee di decine di migliaia di famiglie come quella di Ahmed.

In molti, specialmente bambini, sono traumatizzati.

 “Dovevamo andarcene” dice, raccontando la violenza da cui è scappato. “Ora siamo qui, in questo luogo senza acqua, elettricità né bagni. Potete immaginare che siamo stati qui per 5 giorni?”

 L’odore della costruzione dove si trova Ahmed è insopportabile e ci sono troppe mosche. Le famiglie non occupano i primi due piani per questi motivi. Ci sono buchi dove i bambini provano a giocare e pezzi di metallo che sporgono pericolosamente dalle pareti spoglie. C’è bisogno di tutto.

 “Abbiamo bisogno di acqua potabile e di cibo” dice Ahmed. Quel giorno Azione contro la Fame ha installato un impianto idrico temporaneo nel palazzo dove vive adesso Ahmed e ha distribuito kit igienici composti, fra le altre cose, da sapone, pettini, detergenti e detersivi.

Fra il 9 ed il 16 Agosto, ACF ha distribuito anche 13.625 razioni alimentari per 3 giorni ad 11.745 famiglie (82,000 persone a Zakho). Queste razioni includono tonno in scatola, fagioli, pane, the e zucchero. Sono supporti temporanei per una situazione difficile.

 “Vogliamo andare in Europa, non c’è niente per noi qui” dice Ahmed. “ La situazione è molto brutta. Abbiamo bisogno di tutto. E’ così sporco…”

 La recente violenza in Iraq ed il trauma degli sfollamenti ha prodotto conseguenze a livello psicologico, soprattutto nelle donne e nei bambini. Consapevoli di questo, Azione contro la Fame ha mobilitato delle squadre di psicologi affinché potessero fornire supporti di emergenza in sei aree di Zakho. Le nuove squadre mobili appena dislocate specializzate in water and sanitation e igiene, come anche a supporto della sicurezza alimentare, rafforzeranno il lavoro già avviato sia a Dahuk che a Erbil.

 Prosegue Ahmed: “La vita in Iraq per noi Yazidi è molto difficile adesso. Puoi vedere con i tuoi occhi quali sono le condizioni in viviamo adesso”.

 

 Altra persona, altra storia, stesso dramma.

 Khakan Khala Ali, padre di tre bambini, ha lasciato la sua casa di Sinjar con la moglie e i suoi figli. Ha passato 3 giorni sulle montagne insieme ad altri sfollati a causa delle violenze recenti, prima di raggiungere la regione Kurda dell’Iraq. UN altra giornata di cammino lo ha condotto a Zakho.

 “Avevo solo le mie ciabatto quando sono scappato” dice Khakan, idicando i suoi piedi graffiati. “ on avrei mai immaginato che sarei dovuto andare sulle montagne. I miei piedi mi fanno terribilmente male.” Ad ogni modo, è chiaro che il ricordo del suo viaggio traumatico fa molto più male delle ferite fisiche che porta. Ha paura per la sicurezza della sua famiglia.

 “Non possiamo stare qui. Dobbiamo andarcene”.

 Khakan dice poi che da quando sono dovuti partire, i suoi figli sono cambiati. “Prima giocavano e guardavano la TV” dice, con la mogli al fianco che annuisce. “ Adesso rimangono semplicemente in silenzio.”

 Azione contro la Fame ha fornito assistenza psicologica di emergenza alle famiglie di Zakho. Per Khakan il futuro della sua famiglia è la cosa che le preoccupa di più.

 “Qual è a soluzione per la mia famiglia? Non vedo bene, non ho soldi e sono vecchio; cosa posso fare? Dove posso portarli?”.

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